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Blitz della Guardia di Finanza alla Parmacotto, sequestrati beni per 11 milioni di euro

Imagoeconomica
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Blitz della Guardia di Finanza di Parma alla Parmacotto per eseguire un provvedimento urgente di sequestro patrimoniale da 11 milioni di euro. A tanto ammontano i contributi pubblici (veicolati da Simest) che il gruppo alimentare avrebbe indebitamente ottenuto nel 2011 presentando bilanci falsificati e un piano di sviluppo irrealizzabile, tanto da finire da lì a due anni (era il novembre 2013) in concordato preventivo. Il sequestro d’urgenza emesso oggi dalla Procura, dopo un anno di indagini delle Fiamme Gialle e in attesa di convalida del Gip, si accompagna all’accusa di truffa aggravata finalizzata all’ottenimento di erogazioni pubbliche a carico dell’allora presidente del CdA, Marco Rosi, e dell’amministratore delegato, il figlio Alessandro.

«Stiamo collaborando da un anno con la Guardia di Finanza per l’accertamento di queste incongruenze tra documentazione contabile e la reale situazione aziendale tra 2010 e 2011, è un iter assolutamente lineare e atteso», commenta il Cfo di Parmacotto, Alessandro Cappelletti, arrivato in azienda a fine 2014. E ricorda che tra due giorni ci sarà al Tribunale di Parma l’udienza per l’omologa che dovrebbe porre fine ai due anni di concordato in continuità e dare il via alla “nuova” Parmacotto, dopo due anni di un piano industriale lacrime e sangue che ha imposto un drastico taglio dei posti di lavoro (oggi 140, erano 400 prima della crisi, con chiusure e dismissioni di stabilimenti in Italia e negli Usa) e convinto i creditori a rinunciare a 46 milioni di euro, su un debito complessivo della società che oggi supera i 100 milioni.

Il brand storico della food valley nel 2011 aveva ottenuto da Simest 11 milioni di euro di aiuti per l’internazionalizzazione (fondi riservati allo sviluppo di aziende in salute), sotto forma di ingresso della controllata di Cassa depositi e prestiti nel capitale della Parmacotto, con una quota del 15,6% e un accordo scritto per il riacquisto delle azioni Simest entro cinque anni da parte della famiglia Rosi. «Un piano incompatibile con la reale situazione economico e finanziaria della società, che nel bilancio 2010 aveva nascosto 12 milioni di euro di costi attraverso artifici contabili, false attestazioni e la conseguente falsificazione dei documenti», precisa il comandante provinciale della GdF, Salvatore Russo, che ha condotto le indagini.

In base al reato di responsabilità amministrativa di impresa, ex 231/2001, è partito oggi il sequestro del patrimonio fino a concorrenza del danno, a partire dalla liquidità bancaria per poi passare a beni mobili e immobili, come magazzini e infrastrutture. La Procura ha anche nominato un amministratore giudiziario, un dottore commercialista di Roma, che vigilerà sull'azienda, pur non subentrando nella gestione, garantendone la continuità operativa: Parmacotto non sarà chiusa, anzi. Si prepara a ripartire, sottolineano i vertici del gruppo, che attendono l’omologa del 6 luglio per poi approvare il bilancio 2015.

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