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Dossier In cerca di opportunità con gestioni alternative

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    Dossier | N. 5 articoliRapporto Private Banking

    In cerca di opportunità con gestioni alternative

    In un ambiente finanziario completamente rivoluzionato dai rendimenti a zero, anche le strategie di private banking debbono per forza adattarsi. Ottenere dei ritorni minimamente soddisfacenti impone una nuova diversificazione anche ai clienti più facoltosi e in questo contesto cresce sempre di più il ruolo dei cosiddetti investimenti alternativi. Si tratta di un mondo complesso e variegato costituto, tra gli altri, da private equity, immobiliare, hedge fund e private debt. Secondo gli esperti, in media il 20% del patrimonio oggi va dedicato a questo segmento, non definibile propriamente come asset class.

    «Ersel - spiega Andrea Rotti, direttore investimenti gestioni patrimoniali - fa storicamente ricorso a soluzioni alternative nella sua offerta private banking utilizzando sia produzioni basate sulle competenze di team di gestione interni sia selezionando gestori esterni, attraverso il nostro apposito team basato a Londra. Per quel che concerne la gestione interna abbiamo maturato una grande esperienza sulle strategie legate agli eventi societari e alle operazioni straordinarie, con particolare riferimento alle acquisizioni e fusioni di società americane ed europee».

    L’azione dei policy maker è quella di spostare il risparmio verso l’economia reale allungando l’orizzonte di investimento dei risparmiatori e quindi le società devono offrire uno spettro sempre più ampio di opportunità. «Restando in tema di soluzioni alternative - continua Rotti - siamo molto interessanti al segmento del private equity . In questo campo, nel prossimo futuro, intendiamo allargare l’offerta con l’ausilio di operatori specializzati. In termini di costruzione di portafoglio il nostro consiglio è di assegnare alle strategie alternative tra il 20 e il 30% del proprio patrimonio».

    Negli anni recenti il mondo alternativo non ha saputo mostrare particolari sovraperformance rispetto alla semplice direzionalità delle asset class tradizionali, che hanno premiato maggiormente, in particolare quelle del reddito fisso. Oggi il contesto è decisamente mutato.

    «Il rendimento sicuro, legato a bond governativi - spiega Riccardo Ardigò, responsabile prodotti e servizi di Ubs Wealth Management Italia - non esiste più. Costruire portafogli effettivamente e efficacemente diversificati è la priorità e per questo deve cambiare radicalmente la strategia. In questo discorso è necessario domandarsi quale è la quota da destinare agli investimenti alternativi o investimenti meno liquidi. Accettare una minore liquidità su una parte del portafoglio è una condizione necessaria per poter ambire a rendimenti soddisfacenti. Un portafoglio ideale per un cliente con un profilo di rischio medio e buona consapevolezza può arrivare fino al 20% di asset class alternative, composte da una parte di hedge funds oppure veicoli Ucits, e da una parte immobiliare, di private equity e private debt».

    Il mondo degli alternativi è una realtà davvero composita con settori molto diversi da loro in termini di tipologia di investimento di liquidità dello stesso. Serve quindi un percorso concordato tra cliente e private banker. In questo contesto gli immobili possono assumere sempre una valenza centrale. «Per quanto riguarda gli investimenti immobiliari - continua Ardigò - c’è molta varietà, dipende dalla tipologia del cliente. Ai clienti che dispongono di patrimoni più consistenti proponiamo di accompagnarli in investimenti diretti, club deal, in cui gruppi di investitori partecipano insieme ad un investimento per acquisire immobili o proprietà commerciali. Possiamo inoltre assistere la clientela per creare veicoli dedicati o per investire in fondi immobiliari, sempre tenendo a mente la distinzione tra investitori professionali e non. Il tema della targettizzazione della clientela è un tema centrale, acquisisce un’importanza maggiore laddove, come nel caso del mondo degli alternativi, l’investimento ha caratteristiche di non facile comprensione».

    Tra gli strumenti finanziari alternativi le opzioni sono tra hedge fund e Ucits alternativi. Spesso le strategie seguite sono le stesse ma le dinamiche sono diverse a partire da una soglia di accesso (500mila euro) ben definita per gli hedge. «Nel mondo Ucits - sottolinea Stefano Bestetti, consigliere di Hedge Invest Sgr - puoi replicare buona parte delle strategie hedge fund, ma non tutte. In un ambiente armonizzato alcune strategie non sono infatti realizzabili. Gli hedge hanno quindi massima flessibilità operativa. Soprattutto in Europa, dove sono nati gli Ucits alternativi, si focalizza molto l’attenzione sulla liquidità, gran parte degli investitori non accettano tempi di uscita lunghi. La liquidità ha comunque un costo. E quindi un Ucits può essere meno performante di un hedge che non ha l’obbligo della liquidità giornaliera. In futuro gli alternativi avranno un ruolo sempre più strategico perché offriranno una gestione attiva sulle asset class tradizionali e oggi è un’esigenza quanto mai sentita, molto più che in passato».

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