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Le Pmi chiedono più credito e l’importo torna ai livelli…

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Le Pmi chiedono più credito e l’importo torna ai livelli pre-crisi

Le imprese hanno fame, sempre più fame di credito. Nonostante il clima di pesante incertezza scatenato dalla Brexit e una ripresa che prosegue al ralenti, come evidenziato dagli ultimi dati Istat che parlano di «crescita moderata per l’economia», le aziende italiane accelerano nell’incrementare le richieste di credito al sistema bancario puntando a importi maggiori. Nel secondo trimestre l’aumento delle domande è stato quasi del 6%, mentre nel primo semestre 2016 si arriva al +5,5 per cento.

La conferma della forte esigenza di credito arriva dall’importo medio richiesto: tra aprile e giugno sono stati sfiorati gli 82mila euro. Si torna così ai livelli pre-crisi, al traino delle domande delle società di capitali, quando nello stesso periodo del 2008 si superarono di poco gli 81.700 euro. Un aumento del 50% rispetto ai minimi del triennio 2009-2011, durante gli anni bui del credit crunch. Ora nell’arco del primo semestre 2016 il dato aggregato di società e imprese individuali ha mancato di poco i 79.500 euro (+15%) sullo stesso periodo del 2015 con un aumento di oltre 10mila euro.

LA CLASSIFICA PER NUMERO DI RICHIESTE
Nel primo semestre 2016 sul primo semestre 2015 (Fonte: Eurisc Il sistema Crif si informazione creditizie)

È quanto rivela l’ultima edizione del Barometro Crif delle richieste di valutazione e rivalutazione dei crediti da parte delle imprese, che Il Sole 24 Ore pubblica in esclusiva. I dati sono elaborati sulla base del patrimonio informativo di Eurisc, il sistema di informazioni creditizie di Crif, con oltre 77 milioni di posizioni creditizie, di cui più di 8 milioni attribuite a utenti business.

«L’andamento delle richieste delle imprese si inquadra in un contesto di progressivo miglioramento dello scenario economico che indubbiamente incide sul clima di fiducia delle aziende» commenta Simone Capecchi, direttore Predictive information solutions di Crif.

LA CLASSIFICA PER IMPORTO MEDIO
Nel primo semestre 2016 (Fonte: Eurisc il sistema Crif di informazione creditizie)

Certo, pesano molto fattori come «il rating e l’affidabilità dell’azienda» osserva Ettore Durbiano, presidente e ad della Pmi di famiglia leader nella produzione di imballaggi in legno, che aggiunge: «Conta anche la qualità del progetto che si presenta». Ivano Vacondio, presidente Italmopa, l’associazione industriali mugnai d’Italia, aderente a Confindustria e Federalimentare, che rappresenta l’industria molitoria nazionale, aggiunge: «Rispetto a un paio d’anni fa si vede un lieve cambio di rotta degli istituti, diventati meno selettivi e restrittivi nei confronti del comparto agroalimentare e delle imprese del territorio, come nelle province di Modena, Reggio Emilia e Bologna». Le prime due sono nella parte medio-alta della classifica nazionale per importo richiesto, mentre la città felsinea è al 43° posto. «Le dinamiche territoriali sono influenzate dal numero di Pmi, dalla loro dimensione e dal settore di attività - sottolinea Capecchi -, mentre la domanda è stimolata anche dalle politiche commerciali degli istituti».

In quest’ottica si potrebbe interpretare il dato di Bolzano, dove l’importo medio nel primo semestre arriva a sfiorare i 350mila euro, quattro volte la media nazionale, precedendo i quasi 131mila euro di Trento e i 128mila di Arezzo, uno dei principali distretti orafi. Nella parte bassa della classifica ben due province liguri, Imperia e La Spezia, con quest’ultima che chiude la graduatoria nazionale. Per quanto riguarda le maggiori oscillazioni dell’importo richiesto il podio è conquistato dalla provincia sarda dell’Ogliastra, che riesce a precedere Lecco, Alessandria e Milano.

Se nel complesso il trend delle richieste è positivo, nella classifica di Crif spiccano diverse province, in particolare dell’Emilia Romagna, che arretrano. Si tratta di Parma, Piacenza, Rimini e Modena, un tempo vivai d’imprenditorialità. Una possibile chiave di lettura arriva da Alberto Antonietti, managing director di Accenture Strategy: «Le imprese, dopo il lungo periodo di credit crunch, hanno imparato a guardare ad altre forme di funding come, per esempio, minibond, venture capital e digital lending. Le banche mostrano più disponibilità a finanziare le Pmi, cercando nuove opportunità di ricavi con l’offerta di servizi nelle aree finance e accounting, internazionalizzazione, analytics e procurement».

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