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Rivolta in Marocco contro la nave che scarica i rifiuti della Campania

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Rivolta in Marocco contro la nave che scarica i rifiuti della Campania

Chi la fa l’aspetti. In Marocco è polemica durissima con petizioni, raccolte di firme, interrogazioni parlamentari, inchieste sui tg, denunce e ieri una conferenza stampa della ministra marocchina dell’Ambiente, Hakima Elhaite, contro una nave carica con 2.500 tonnellate di spazzatura che la Campania non riesce a smaltire negli impianti che non ha.

Si ripetono tal quali in Marocco, ma stavolta contro i rifiuti arrivati dalla Campania, le stesse identiche frasi fatte con cui in Italia politici miopi, associazioni varie di religiosi o medici o sindacalisti, comitati nimby, sindaci del no e sedicenti ambientalisti hanno bloccato per anni la costruzione degli impianti per i rifiuti nelle regioni in emergenza come la Campania o la Sicilia («No all’inceneritore», «il nostro territorio è vocato per il turismo culturale e l’agricoltura di qualità», «rifiutiamo questo modello di sviluppo», «non vogliamo qui l’impianto di riciclo», «la soluzione è rifiuti zero», «una bomba ecologica»).

La soluzione rifiuti zero invocata dai finti ecologisti in Italia costringe la Campania a esportare la spazzatura. Lo stesso medita di fare la Sicilia. Lo stesso ha progettato più volte il Comune di Roma. In Lombardia, la Regione ieri protestava contro una sentenza con cui la Corte costituzionale ha abolito una supertassa regionale sull’import di spazzatura e per l’assessora regionale all’Ambiente, Claudia Terzi, «il disegno è chiaro: Roma vuole far diventare la Lombardia pattumiera di Italia e pure gratis».

Destinatari della spazzatura della Campania sono i cementifici di al-Jadida, Casablanca e Settat. Il direttore della cementeria di al-Jadida, Lahcene Boukssace, tranquillizza: il carico italiano è «un mix di plastica e carta, cose che tutti noi abbiamo in casa nostra». E Ahmed Derif, vicedirettore del porto di al-Jadida, dice che i carichi «hanno ricevuto tutte le autorizzazioni ambientali».

La petizione «Il Marocco non è una discarica!» l’altro giorno aveva raccolto 15mila firme da presentare al premier Abdel Ilah Benkirane. Il partito di maggioranza islamico moderato Giustizia e Sviluppo al Senato ha votato la nascita di una commissione parlamentare d’inchiesta. Per il senatore Abdel Ali Hamidine «la salute dei marocchini viene prima di tutto». Protesta il deputato Wadi Ben Abdullah: «Non ci bastano le parole del governo». Un’associazione ha incaricato l’avvocato Ishaq Sharia di fare causa contro questi «crimini che minacciano la salute dei cittadini marocchini e aver violato le leggi»; dice «non siamo la pattumiera di Napoli»; ci sono «conseguenze sull’agricoltura e per la salute».

Ricadute anche in Italia, con un’interrogazione dei deputati pd Eleonora Cimbro, Khalid Chaouki, Chiara Braga e Floriana Casellato.

Ovviamente i politici miopi, le associazioni varie di religiosi o medici o sindacalisti, i comitati nimby, i sindaci del no e i sedicenti ambientalisti che in Italia hanno bloccato per anni la costruzione degli impianti non si sentono responsabili di tutto ciò

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