La contesa degli ulivi è l’ultimo degli infiniti ostacoli che si sono frapposti alla realizzazione del Corridoio meridionale del gas. Ma se sul fronte italiano - o meglio: pugliese - gli intralci sembrano non avere mai fine, il progetto complessivo di cui Tap fa parte continua a procedere secondo i piani. Nemmeno il fallito golpe in Turchia influirà sui tempi di costruzione del sistema di gasdotti, assicurano le società coinvolte. Di certo non sarà quindi l’ennesima battaglia locale di ricorsi e controricorsi - concentrata sulla posa di appena 8 chilometri di tubi in terra italiana - a fermare l’opera. Ormai è troppo tardi. Il progetto gode di un fortissimo sostegno politico, non tanto e non solo da parte del governo italiano, ma da parte dell’Unione europea, che lo ha inserito nella lista delle infrastrutture prioritarie per la sicurezza energetica, e da parte degli Stati Uniti. Inoltre, ci sono già molti soldi in ballo. Il gas azero che arriverà in Europa dal 2018 è già stato venduto, mentre lo sviluppo della Fase 2 del giacimento Shah Deniz è ormai completato al 70%, con metà del budget di 24 miliardi di dollari speso, riferisce l’azera Socar. Sono già stati fatti circa il 60% dei lavori per potenziare la South Caucasus Pipeline e posato un quarto del Tanap, la tratta di gasdotto in suolo turco, con un investimento di oltre 2 miliardi (su 9,2 miliardi previsti). Il Tap è più indietro, ma comunque anche la sua costruzione è iniziata, con una spesa finora di 877 milioni di euro su circa 6 miliardi, sempre secondo Socar. Anche imprese italiane hanno cominciato a raccogliere i frutti, con 3,3 miliardi di dollari di commesse dall’intero progetto del Corridoio Sud. Snam è socia di Tap, mentre Saipem ha vinto la gara per costruire la parte sottomarina.
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