Economia

Dossier Il prodotto intelligente è la via americana all’Industria 4.0

  • Abbonati
  • Accedi
    Dossier | N. 18 articoliAuto aziendali e mobilità business: ecco tutte le nuove tendenze e le dinamiche del mercato

    Il prodotto intelligente è la via americana all’Industria 4.0

    Fabbrica Ford nel Missouri. (Reuters)
    Fabbrica Ford nel Missouri. (Reuters)

    Negli Stati Uniti è in corso un fenomeno radicale ed eversivo. L’obiettivo è unire Detroit alla Silicon Valley. Avvicinare Cleveland a Seattle. Collegare Pittsburgh a Boston. Ibridare, in maniera definitiva, la manifattura con l’economia della conoscenza, adoperando il lievito del servizio ai clienti. Le protagoniste sono General Electric e Cisco. Caterpillar e Ibm. General Motors e Google. Ciascuna con il suo business. Tutte impegnate – fra successi e stop, balzi in avanti e rallentamenti - a cambiare la natura del capitalismo, miscelando il materiale e l’immateriale attraverso l’adozione pervasiva della nuova informatica e il collegamento diretto fra il concept del prodotto e il suo utilizzo concreto da parte del fruitore finale.

    La finanziarizzazione e la terziarizzazione, che da un secolo costituiscono i motori della crescita americana, hanno ridotto strutturalmente la base occupazionale degli Stati Uniti. Lo stesso è capitato con l’industria di vecchia concezione, i cui occupati sono scesi dal 2000 a oggi – secondo l’analisi di Roland Berger - da 18,5 milioni a 13,4 milioni, con un calo del 27%, in un processo contraddittorio di “spremitura” delle fabbriche che ha visto gli Stati Uniti aumentare i profitti (il rapporto fra Ebit e valore aggiunto è salito dal 20% al 30%), ma diminuire la rotazione degli asset (il rapporto fra valore aggiunto e capitale investito è sceso da 1,1 a 0,8).

    IL CONFRONTO USA-GERMANIA
    Opinion panel sui processi chiave dell'industria 4.0 (Boston Consulting Group)

    La via americana all’Industry 4.0 ha forme diverse, ma obiettivi analoghi rispetto a quella europea, che ha il suo epicentro in Germania. Gli Stati Uniti si dedicano al prodotto intelligente. La Germania si concentra sulla fabbrica intelligente (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). Negli Stati Uniti è preponderante il rapporto con il consumatore finale. In Germania prevale la manifattura. Negli Stati Uniti la digitalizzazione dei processi economici – nel senso più ampio che include sia l’organizzazione industriale che le reti della logistica, la decrittazione dei bisogni dell’utente finale e l’efficacia dell’utilizzo del bene prodotto da parte sua – riguarda sia le attività B2B (per esempio, le filiere di subfornitura) sia il B2C.

    In entrambi i casi è il bene in sé – non importa che si tratti di un elemento da montare nel motore di un aereo o di un biglietto ferroviario – a cambiare profondamente, in virtù dell’ampliamento e dell’inspessimento del contenuto informatico e immateriale. Secondo una analisi condotta da Boston Consulting Group, il 43% degli imprenditori e dei manager americani prevede che la nuova fase della digitalizzazione porterà a un aumento della produttività e a una riduzione dei costi. Naturalmente, per mutare il paradigma occorrono risorse cospicue: in particolare, si stima che il livello di investimenti necessario sia pari al 9% del fatturato. Fra le imprese americane, il 16% ha già tratteggiato e realizzato uno dei tasselli del nuovo mosaico: i big data, l’internet of things, la robotica collaborativa, l’additive manufacturing (la stampa a 3 dimensioni), la realtà aumentata e la cybersecurity.

    «La via americana alla ultradigitalizzazione – spiega Jacopo Brunelli, partner e managing director di Boston Consulting Group – ha una natura eminentemente informatica. Uno dei caratteri salienti è la costruzione di piattaforme di scambio dati per integrare i processi manifatturieri. Tutta l’industria si sta rivoluzionando».

    Google, che è intervenuta con i Google Glass sulla realtà aumentata, ha il progetto sulla self driving car. Caterpillar lavora sulla internet of things e sui veicoli autonomi, adoperati nel settore minerario nel New Mexico. General Electric su internet of things, con una collaborazione con Microsoft. Cisco ha programmi relativi allo smart manufacturing, attraverso l’internet delle cose. Ibm offre soluzioni di analisi e di stoccaggio ai suoi clienti tramite i big data. General Motors, che fra le Big Three di Detroit è quella con il patrimonio scientifico e tecnologico più solido, opera sull’additive manufacturing e sull’accorciamento – attraverso il 3D – dei tempi di prototipazione dei nuovi modelli. Fra i settori più investiti da questo cambiamento c’è l’automotive industry. A partire dalla semplice automazione. Oggi solo l’8% dei compiti dell’automotive industry è automatizzato, a fronte di un potenziale del 53 per cento. L’industria dell’auto resta uno dei fattori principali di una manifattura americana in cui la quota di penetrazione della robotica è di 164 unità ogni 10mila lavoratori; una incidenza di gran lunga minore rispetto ai 292 robot ogni 10mila addetti della Germania. Nell’industria dell’auto, il numero di robot installati crescerà del 10% nei prossimi dieci anni. Peraltro, il costo di un sistema di robotica per la saldatura a punti nell’automotive è passato da una media di 182mila euro del 2005 a una media di 133mila euro; Boston Consulting Group stima che, nel 2025, questo costo scenderà a 103mila euro.

    «Nella governance – chiarisce Brunelli – la via americana è diversa da quella continentale. Il potere di indirizzo pubblico in Germania è assai forte. Negli Stati Uniti la spinta iniziale è stata della mano statale, che poi si è defilata lasciando l’iniziativa soprattutto alle grandi imprese». Dunque, come spesso è capitato nella storia nordamericana, nel secondo tempo sono entrati in campo i giocatori privati. Ma, nel primo tempo, la mano pubblica ha messo sul tavolo un numero consistente di fiches. Lo strumento con cui gli Stati Uniti hanno dato l’avvio a questa particolare forma di politica industriale, l’Advanced Manufacturing Partnership 2.0, ha un budget dichiarato di 2 miliardi di euro. C’è la fabbrica, che diventa uno snodo materiale dell’immaterialità dei big data e delle autostrade informatiche. E c’è il prodotto singolo. «Con la digitalizzazione estrema – nota Gabriele Caragnano, responsabile delle operations di PWC in Italia e membro del gruppo di lavoro internazionale su Industry 4.0 – cambiano i modelli di business. Basti pensare a una compagnia ferroviaria che, attraverso una app, oltre a venderti il biglietto di andata ti prenota l’hotel dove dormire, la macchina per raggiungere il tuo appuntamento di lavoro e il biglietto di ritorno».

    Un piccolo esempio di internet of things è rappresentato dalla Solair di Bologna, che è stata acquisita da Microsoft. «Abbiamo sviluppato una piattaforma Iot, internet of things, con tecnologia Microsoft – spiega Tom Davies, inglese che si è laureato in ingegneria al Politecnico di Torino – per questa ragione abbiamo attirato l’attenzione della multinazionale». In questa fase, la tecnologia di Solair viene adoperata per esempio da Lavazza e da Rancilio, la ditta produttrice di macchine per il caffè. Quando la macchina per il caffè sta finendo le scorte o ha bisogno di manutenzione, l’informazione viene condivisa sulla piattaforma. Dice Davies: «Si tratta di una tecnologia molto orizzontale, che può essere applicata a situazioni e a prodotti differenti: dalle smart cities allo smart business, dal retail all’automotive».

    La versione americana di Industry 4.0 ha una connessione diretta con il “back to manufacturing” promosso dall’amministrazione Obama. Afferma Massimiliano Granieri, docente di proprietà industriale e intellettuale all’università di Brescia e già all’Office of Technology Transfer della University of California: «Sono due fenomeni convergenti, che nascono dalla ritrovata consapevolezza che la nuova industria dà identità a una società complessa come quella americana, conferendole una stabilità occupazionale più solida rispetto ad altri settori».

    In particolare, l’amministrazione Obama ha utilizzato gli stimoli degli intellettuali radunati a Harvard intorno a Gary Pisano, teorico del “back to manufacturing”. In un Paese che alterna libero mercato e politiche industriali, senso di autosufficienza e leadership sui mercati globali, il nuovo canone del capitalismo sarà determinato dalle scelte specifiche dei grandi gruppi imprenditoriali, ma verrà pure influenzato dalla rimodulazione del quadro politico generale. Sotto questo profilo, la strada americana all’Industry 4.0 sarà tracciata anche dall’imporsi o meno delle nuove tendenze isolazioniste che stanno caratterizzando la campagna presidenziale, più nette nella candidatura repubblicana di Donald Trump e meno marcate ma sempre presenti in quella democratica di Hillary Clinton.

    © Riproduzione riservata