Economia

Tre anni di deflazione ma non per le tariffe locali

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l’analisi

Tre anni di deflazione ma non per le tariffe locali

Ansa
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«Deflazione» è la parola chiave di questi anni: prezzi fermi o addirittura in discesa e famiglie che – pure a fronte di buste paga e pensioni quasi immobili – riescono a recuperare potere d’acquisto e a portare a casa un carrello della spesa almeno dignitoso. Ma è davvero questa la situazione? Il segno “meno” davanti all’indice Istat sulla dinamica del caro-vita rispecchia fedelmente la realtà?

La percezione dei consumatori sembra diversa. Tanto che lo stesso Istituto di statistica – come fotografa un’indagine divulgata la scorsa settimana – segnala che secondo la media di un campione di italiani (intervistati sulla conoscenza dei principali indicatori economici) l’inflazione crescerebbe del 3,8%, un dato assolutamente lontano da quello ufficiale, negativo da tempo (-0,1% su base annua la diminuzione per luglio 2016). Si tratta di un elevato grado di approssimazione (come ipotizza l’Istat nella sua nota) per scarsa dimestichezza con l’argomento o, invece, di una diversa esperienza della realtà?

Per la seconda ipotesi propendono le associazioni dei consumatori: «La solita media del pollo finisce per non rappresentare nessuno» afferma per esempio l’Unc, mentre bisognerebbe fornire statistiche dell’inflazione per ogni tipologia di reddito familiare, visto che il portafoglio di un pensionato al minimo subirà una pressione superiore al nucleo medio dell’Istat (2,34 persone) e «che in questi anni, mentre l’inflazione scendeva, le spese obbligate continuavano ad aumentare di prezzo, anche se con ritmi più contenuti rispetto al periodo pre-crisi». Per di più – sottolinea l’associazione – un bene scende di prezzo quando non se ne ha bisogno, mentre rincara quando gli acquisti aumentano. Del resto non ha ancora alternative valide la regola generale secondo cui i prezzi si formano dall’incontro tra offerta e domanda: salgono se la prima cala e la seconda cresce (e viceversa, anche se non sempre).

Ma anche le statistiche (e non solo la percezione) evidenziano, dietro il calo generale dell’inflazione, andamenti di segno opposto: basta analizzare i singoli settori di spesa (si veda la grafica a fianco). «Siamo di fronte a uno scenario unico nella storia dell’inflazione – spiega Fulvio Bersanetti di Ref Ricerche –. Mai in un periodo di tempo così ampio i prezzi al consumo hanno cumulato una variazione nulla. Ma questo perché, come ogni indicatore di sintesi, anche l’inflazione mette insieme andamenti molto differenziati e pure nello scenario descritto, alcune voci di uscita sono state oggetto di fervore di una certa intensità».

Tra tutti i capitoli spiccano, in particolare, le tariffe dei servizi pubblici locali (+8% circa nel periodo 2013-2016). «Effetto del ridimensionamento dei trasferimenti dalle amministrazioni centrali agli enti territoriali a seguito dei vincoli più stringenti di finanza pubblica – osserva Bersanetti –. Le tensioni più accentuate hanno colpito in particolare l’acqua potabile (+19%), i rifiuti solidi urbani (+8,2%) e i trasporti ferroviari regionali (+7%)». E anche nel caso delle tariffe si tratta sempre di medie, perché, scendendo ulteriormente nel dettaglio, si scopre che i rincari si sono dispiegati in diversa misura sul territorio.

Quanto alle tariffe a controllo nazionale, dietro al modesto rincaro generale (+0,5% sempre nel 2013-2016) si nascondono variazioni molto più nette: all’insù, come quelle dei servizi postali (+26% con l’ultimo intervento su lettere e pacchi a ottobre 2015) o dei pedaggi autostradali (+6,7%, ma con percentuali differenziate secondo la concessionaria e in vigenza di tetti massimi imposti già a partire dal 2014); ma anche all’ingiù (-12% il canone Tv a 100 euro, in coincidenza con il debutto dell’abbonamento nella bolletta elettrica dopo comunque tre anni di “fermo” a 113,5 euro).

Altro capitolo di spesa in controtendenza rispetto al trend recente dell’inflazione è quello del turismo: +2,2 per cento. «Questo incremento dei prezzi è da legare in buona misura al traino dell’Expo nel 2015 – puntualizza Bersanetti –. Per il 2016 vanno presi in considerazione i movimenti turistici addizionali che già si stanno registrando nel nostro Paese per effetto dello scenario geopolitico instabile nei Paesi del Nordafrica e in Turchia e dei recenti attentati terroristici in Belgio e Francia». Gli operatori turistici, del resto, confermano le buone performance dell’Italia in quest’estate di allarme internazionale. Un aumento della domanda che si è già riflesso sul costo delle vacanze - segnalano le associazioni dei consumatori come Unc o Codacons – con forti incrementi per trasporti e ricettività.

A evidenziare una crescita significativa sono poi i prezzi delle auto (+5,5% nel periodo considerato), benché – va sottolineato – si tratti di un fenomeno concentrato nell’ultimo anno e mezzo, in corrispondenza del recupero delle immatricolazioni: da gennaio a luglio 2016 si sono avvicinate a quota 1,8 milioni (+17% rispetto ai primi sette mesi 2015) anche se ancora sotto il volume medio degli anni 2007-2010 (dati Anfia). A sostenere gli acquisti hanno contribuito la domanda di sostituzione arretrata e a lungo compressa dalla fase di crisi, il calo dei costi di esercizio, il super-ammortamento introdotto dalla legge di Stabilità 2016, il marketing aggressivo di concessionari e case, che solo di recente hanno messo mano ai listini.

Quanto all’alimentare, l’aumento dell’1,5% (peraltro modesto rispetto agli altri descritti sopra) dipende dalla stagionalità dei prodotti e dall’andamento climatico. Inoltre si riferisce agli indici Istat esclusa la pressione promozionale: offerte e concorrenza sono elementi che nell’esperienza reale (per tornare al tema iniziale) consentono di spuntare alla cassa risparmi che le statistiche non possono cogliere.

Nell’analisi dei singoli settori di spesa si notano anche tagli importanti, come quello dell’energia (elettricità, gas e carburanti): -15 per cento. Un arretramento spiegabile alla luce dei forti ribassi del greggio sui mercati internazionali. Basti pensare che nel 2015 (elaborazioni del Centro Studi Promotor) il calo dei carburanti ha permeso agli italiani di risparmiare 7,1 miliardi sui rifornimenti. Certo, la percezione del consumatore, quando mette mano al portafoglio dal benzinaio o per le bollette, può essere diversa. Ma deriva anche dal fatto che queste voci continuano ad assorbire un’ampia fetta del budget familiare.

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