Si attendono conferme. Non ripensamenti. La ceramica europea – soprattutto italiana e spagnola – vede il traguardo di fine anno come quello che dovrebbe sancire la riconferma dei dazi antidumping, stabiliti nel 2009, e in odor di rinnovo. Almeno secondo le imprese. Secondo Confindustria Ceramica, infatti, con l’introduzione dei dazi, nel luglio 2011, le importazioni di piastrelle cinesi sono diminuite, in volume, del 64% e quelle di stoviglie del 30. Se la misura non fosse rinnovata si metterebbero a repentaglio 100mila posti di lavoro in Europa e 25mila solo in Italia, dove il settore della ceramica fattura quasi 5,7 miliardi di euro.
La ceramica ha già pronto il dossier e ha già chiesto alla Commissione Ue l’estensione dei dazi esistenti, che dovrebbe garantire quindi la permanenza provvisoria delle misure anche oltre la metà di settembre, in vista di una riconferma nel 2017. Le aliquote dei dazi – diverse in base al livello di collaborazione delle aziende cinesi – vanno dal 30 al 70 per cento.
Hanno funzionato in questi anni? Nel 2008 (quindi prima dei dazi) le importazioni comunitarie dalla Cina avevano raggiunto i 65,5 milioni di metri quadri. Nel 2010 erano ancora a 64 milioni, con una quota sul consumo di oltre il 6,5% in forte crescita nonostante la crisi. Nel 2015 l’import di ceramica “Made in Italy” risulta di circa 18 milioni di metri quadri.
«L’introduzione dei dazi è servita – ha affermato Alfonso Panzani, vicepresidente dell’associazione europea dei produttori– a ristabilire un livello leale di competizione tale da permettere ai produttori comunitari di piastrelle di ceramica di continuare ad essere competitivi in Europa e su tutti gli altri mercati esteri».
Altro capitolo, i dazi sulle stoviglie e la ceramica da tavola e da cucina. Introdotti in via definitiva dalla Commissione Ue nel maggio 2013, andranno a scadenza nel 2018. Un settore dinamico di Pmi che dà lavoro a circa 25mila dipendenti diretti. Tuttavia, nel primo semestre del 2011, il prezzo medio delle stoviglie in ceramica importate dalla Cina è stato di 1,45 euro, cioè dell’80% inferiore al prezzo medio delle importazioni della Ue provenienti da altri paesi (2,64 euro).
Tuttavia,il dazio antidumping è di appena il 18%, mentre _ sostengono i produttori – per essere efficaci sui beni di consumo, le aliquote dovrebbero essere di almeno il 30 per cento.
Le stoviglie di ceramica vuole ad ogni costo evitare il destino toccato alle “ciugine” in acciaio. «Sulle stoviglie in acciaio – ha spiegato Andrea Barazzoni, direttore generale della Barazzoni Spa – nojn esistono dazi antidumping ma solo un normale dazio commerciale in entrata dalla Cina all’Italia del 3,2% circa e ben del 18% circa dall’Italia verso la Cina. C’è poi un rischio di utilizzo di acciaio che ha compisizione diversa rispetto a quello usato in Europa e rischi di utilizzo di materie prime potenzialmente “pericolose” per la salute». Risultato, il 70% del mercato europeo di stoviglie e casalinghi in acciaio è “made in China”.
«Garantire alla Cina lo status di “economia di mercato” – ha spiegato Alain Delcourt, presidente di Cerame-Unie (l’associazione europea delle imprese della ceramica) – metterebbe in pericolo la tenuta competitiva della manifattura europea. Solo nel comparto ceramico causerebbe la perdita di 100mila posti di lavoro diretti, sia nelle piastrelle che negli articoli per la casa. È il momento di prndere una posizione chiara contro la politica cinese del dumping generalizzato, della sovfraccapacità produttiva e dei sussidi illegali. Noi sosteniamo il libero mercato, made ve essere assicurata una competizione trasparente tra attori internazionali e le regole devono essere le stesse per tutti».
© Riproduzione riservata