Economia

Dossier Materie plastiche sotto pressione

  • Abbonati
  • Accedi
    Dossier | N. 6 articoliLe politiche dei dazi

    Materie plastiche sotto pressione

    Furfuraldeide (è un solvente usato nella petrolchimica), aspartame, acido solforico e acido ossalico (contenuto negli sbiancanti e in antiruggine). Su oltre 50 prodotti “protetti” dalle importazioni dalla Cina a prezzi di dumping 14 riguardano la chimica (che colpisce maggiormente la Germania e dove sinora si sono per lo più concentrate anche le poche, circa 15, contromisure cinesi verso gli esportatori europei) e 13 la siderurgia.

    È soprattutto una “guerra di nervi” tra Cina e Germania quella che coinvolge i dazi antidumping sul comparto chimico. L'unico settore dove il numero di dazi reciprocamente imposti è quasi pari. L'ultimo, era il 2013, fu il dazio cinese contro la toluidina europea (che ha molti usi, dalle tinture ai farmaci sino ai pesticidi) e il cui principale esportatore è proprio la Germania. Commodities, materie prime che hanno molteplici impieghi e che possono mettere sotto stress colossi della chimica-farmaceutica e posti di lavoro.

    LA CHIMICA NEL MONDO
    Distribuzione geografica della produzione chimica mondiale. (Miliardi di euro, anno 2014)

    In Italia, lo sentono maggiormente i produttori di materie plastiche, chi impiega i polimeri e produce Pet (noto come la plastica per le bottiglie ma ha anche impieghi nell'abbigliamento tecnico).

    «Qui – spiega Antonello Ciotti, amministratore Unico di Equipolymers Srl (500 milioni di euro di fatturato) – il dazio, sempre rinnovato dal 2004, è al 18 per cento. Scaduto a febbraio scorso, è per ora esteso, in via provvisoria, per 12 mesi, in attesa di un rinnovo definitivo che deve arrivare entro un anno (cioè a febbraio 2017)».

    Nella Ue, prosegue Ciotti, «il consumo complessivo è di 3 milioni di tonnellate, che è pari anche alla produzione europea. Diciamo che l'Europa soddisferebbe da sola la propria domanda. In realtà, ogni anno, entrano 700 milioni di tonnellate di Pet in Europa (pari al 25% circa della nostra produzione)anche da Turchia e Indonesia. La Cina, da sola, ha un surplus tra domanda e offerta pari a 5 milioni di tonnellate. Come vede la sovraccapacità non è solo nella siderurgia». Inoltre, i costi di trasporto del prodotto dalla Cina al porto di Gioia Tauro sono addirittura inferiori a quelli dei container tra Sardegna e “terraferma”.

    Qualche anno fa la Svizzera era diventata improvvisamente uno dei più grandi produttori di Pet. In realtà, un produttore cinese faceva transitare la propria produzione nel Paese elvetico per poterla fare entrare più agevolmente in Europa.

    Secondo Ciotti, un riordino della materia antidumping dovrebbe soprattutto velocizzare i tempi e guardare più al “modello Usa”: «Negli Stati Uniti – spiega – i proventi dei dazi confluiscono al governo centrale ma poi vengono redistribuiti alle imprese “vittime” del settore, per sostenerne gli investimenti. Nella Ue questo non avviene e sarebbe complicato gestire le gelosie tra Paesi». La Turchia, conclude Ciotti, «due o tre anni fa ha avviato la sua produzione e ha imposto all'Europa un dazio, secondo noi, immotivato, dell'8% (un “safeguard duty”). La Ue però si dimostra poco attenta ad agire su una base di reciprocità. In Europa servono anni per arrivare al primo dazio e poi, prima di andare in Gazzetta Ufficiale, tutto viene tradotto nelle lingue dei Ventotto».

    © Riproduzione riservata