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«Sì» agli investimenti Eni di Gela

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«Sì» agli investimenti Eni di Gela

Il Petrolchimico di Gela (Ansa)
Il Petrolchimico di Gela (Ansa)

Un investimento di quasi 1,8 miliardi per la ricerca e l’estrazione di gas al largo della Sicilia, nell’area del Golfo di Gela, e sulla terraferma. Tanto vale il progetto upstream dell’Eni che ha ricevuto il via libera dalla sentenza del Consiglio di Stato con la quale è stato respinto il ricorso presentato dalle associazioni ambientaliste (Wwf, Legambiente, Greenpeace), Legacoop Pesca Sicilia, Touring club italiano e dai Comuni di Ragusa, Santa Croce, Vittoria, Scicli, Palma di Montechiaro, Licata.

Una sentenza che ha confermato la precedente analoga decisione del Tar del Lazio, e segna il definitivo via libera al cosiddetto progetto Off-shore ibleo che prevede, tra le altre cose, l’esplorazione e la trivellazione in mare, la realizzazione della piattaforma Prezioso K, il completamento di sei pozzi individuati nei campi Argo e Cassiopea e di due pozzi esplorativi ribattezzati Centauro 1 e Gemini 1. Si tratta della parte più corposa dell’investimento da 2,2 miliardi previsto dall’Eni nell’ambito del Protocollo sottoscritto al ministero per lo Sviluppo economico il 6 novembre 2014 sulla riqualificazione e sul rilancio del polo energetico gelese. Un definitivo via libera al progetto di estrazione di gas che sblocca anche le misure di compensazione calcolate in 32 milioni di euro per il territorio.

LA PRODUZIONE
Produzione di Olio greggio (kg) nel 2016 per regione

Pesanti i rilievi del Consiglio di Stato nei confronti dei ricorrenti (peraltro condannati a pagare le spese). Secondo i magistrati amministrativi «nell’ambito di un atto di appello di circa 40 pagine, i riferimenti critici alla motivazione della sentenza di primo grado sono, salvo qualche rapido passaggio incidentale, quasi del tutto assenti, il che rende l’appello privo dei requisiti della specificità dei motivi richiesto a pena di inammissibilità dall’articolo 101 c.p.a.». Nel merito, poi, i giudici del Consiglio di Stato hanno smontato punto per punto le argomentazioni dei ricorrenti riconoscendo la legittimità delle procedure autorizzative e dell’azione di Eni e Edison (altra azienda interessata a lavorare al largo della Sicilia).

L’esito del contenzioso amministrativo rappresenta un segnale positivo anche in vista dell’incontro fissato per il 19 settembre al ministero per lo Sviluppo economico per la verifica dell’attuazione del protocollo del 2014. Anche perché l’avvio del cosiddetto progetto Off-shore porterà notevoli ricadute in termini occupazionali sul fronte dell’indotto produttivo su cui i sindacati hanno spesso insistito. «Chiederemo il rispetto degli impegni per uno sviluppo sostenibile - ha annunciato il segretario nazionale dei chimici della Femca-Cisl, Angelo Colombini - mentre a Regione e governo centrale solleciteremo il rapido rilascio delle autorizzazioni».

La sentenza è un tassello che si va a inserire in quadro complessivamente giudicato positivo: per quanto riguarda la costruzione della Green refinery, per esempio, il cui investimento vale 220 milioni, i cantieri sono stati avviati all’inizio di aprile, a fine luglio sono stati emessi i primi ordini di acquisto per i materiali e sono in corso le gare per completare l’approvvigionamento delle apparecchiature e del materiale per realizzare la prima fase. Che la Sicilia sia strategica lo ha confermato lo stesso amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi nell’intervista rilasciata ieri alla Gazzetta del Mezzogiorno: «In Sicilia - ha detto - si concentra il 30% delle spese previste in Italia nel piano 2016-2019. In particolare, grazie al Protocollo di Intesa, a Gela è destinato il 23% degli investimenti. E ciò nonostante le perdite di Rage (Raffineria di Gela ndr) del 2015 (-178 milioni) e Enimed (-50 milioni). In Sicilia l’Eni sta trasformando una raffineria tradizionale in raffineria verde. È stato avviato questo processo di biotrasformazione anche nella chimica e nella raffinazione. Questa è la nostra strategia, la nostra visione. Inoltre siamo particolarmente impegnati nella riconversione dei siti dismessi e a noi assegnati (quattromila ettari) grazie all’investimento nelle energie rinnovabili».

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