Economia

Un precedente per scoraggiare le azioni pretestuose

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L'Analisi|l’analisi

Un precedente per scoraggiare le azioni pretestuose

Il Consiglio di Stato ha pubblicato un’altra sentenza in cui viene rigettato un ricorso “no triv” presentato da alcune associazioni ecologiste e da alcuni Comuni contro lo sfruttamento dei giacimenti nazionali di petrolio e metano. I magistrati hanno dato il via libera all’estrazione delle risorse dai giacimenti Argo e Cassiopea che l’Eni ha in alto mare nel Canale di Sicilia. I giudici del Consiglio di Stato hanno detto tre cose. Hanno detto che i Comuni siciliani e le associazioni Greenpeace, Legambiente, Lipu, Touring Club e Wwf hanno presentato un ricorso inammissibile, cioè sbagliato dal punto di vista giuridico.

È stragiusto contestare gli errori di un organo dello Stato, ma solamente se sono errori. Il ricorso era inammissibile, ma invece di rigettarlo senza dir nulla i giudici hanno voluto rispondere alle contestazioni e hanno detto una seconda cosa: le posizioni degli ambientalisti sono infondate. Quei progetti petroliferi rispettano le leggi sull'ambiente. E hanno detto una terza cosa, non comune nella dozzina di sentenze che in questi mesi hanno smontato a raffica i ricorsi “no triv” simili proposti in varie parti d’Italia: hanno detto che stavolta i Comuni e gli ambientalisti devono pagare le spese di giudizio, tremila euro a ciascuna delle compagnie petrolifere (l’Eni e in seconda battuta l’Edison) e mille euro a ciascuno dei ministeri che avevano approvato il progetto petrolifero contestato, cioè Ambiente, Beni culturali, Sviluppo economico e Presidenza del consiglio. Il minuscolo risarcimento potrebbe essere usato per la tutela dell’ambiente.

Queste le cose dette dai magistrati del Consiglio di Stato. Molto più articolate le cose che i giudici non hanno detto. Eccone alcune, disposte in ordine casuale. La dozzina di sentenze di questi mesi mostra che i sotterfugi della politica svaniscono se i “grigi burocrati” dello Stato lavorano con velocità, intelligenza, coraggio. Paesi come l’Olanda della Shell o la Norvegia della Statoil si concedono la bellissima possibilità di puntare sui veicoli elettrici dal 2025 anche perché possono sostenere politiche sociali e ambientali con gli incassi petroliferi tra i maggiori d’Europa.

Uno studio scientifico pubblicato dalla rivista Nature (“Biodiversity: the ravages of guns, nets and bulldozers”) ha analizzato 33 attività umane rischiose per la biodiversità naturale: l’estrazione di petrolio e gas è all’ultimo posto per rischio all’ambiente, alla pari delle fonti rinnovabili d’energia; una minaccia assai seria invece viene dall’uso, non dall’estrazione, dei combustibili. Difende l’ambiente chi combatte ciò che lo danneggia, e non chi blocca gli investimenti per mitigare la sua gastrite da investimento.

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