Economia

Il surplus di Pechino «doppia» la produzione Ue

  • Abbonati
  • Accedi
lo scenario

Il surplus di Pechino «doppia» la produzione Ue

Una frenata dello 0,5% che non sposta di un millimetro gli equilibri mondiali. La Cina (da sola vale la metà della produzione mondiale di acciaio) negli ultimi mesi è tornata a produrre a regime, con circa 469 milioni di acciaio a luglio, sullo stesso livello dell’anno scorso. Ammonta a circa 340 milioni di tonnellate l’output in eccesso della siderurgia di Pechino. Si tratta di quasi il doppio dell’intera produzione di acciaio dell’Europa a 28, 15 volte l’output italiano.

Una mole d’acciaio che esce dai confini del mercato interno per approdare in Europa, spesso con politiche commerciali scorrette. Anche l’India, terzo produttore mondiale, continua a spingere: 8 milioni l’output a luglio (+8,1%), per 52,4 milioni nell’anno (+4,8%). In difficoltà, come detto, l’Europa, con 6 milioni di tonnellate perse (su un totale di circa 100 milioni) nei primi sette mesi, a causa delle difficoltà di Regno Unito, Francia, Spagna e, in misura minore, Germania. La Commissione europea è corsa ai ripari istituendo dazi su alcuni prodotti, ma la reazione è apparsa agli osservatori non adeguata alle dimensioni del problema, soprattutto se confrontata con analoghe iniziative assunte dagli Usa.

L’INTERSCAMBIO
Commercio estero tra Italia e Paesi extra Ue, periodo gennaio - giugno. Dati in migliaia di tonnellate e variazione % 2016/2015. (Fonte: Federacciai)

L’Italia nei primi sette mesi ha prodotto 14,178 milioni di tonnellate, in leggera crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (+3,9%). Negli ultimi anni, però, l’industria italiana ha lasciato sul terreno 5-6 milioni di tonnellate. Resta in pesante passivo, inoltre, la bilancia commerciale relativa alle vendite di prodotti siderurgici al di fuori dei confini dell’Unione europea. Secondo i dati più recenti di Federacciai, da gennaio a giugno di quest’anno sono entrate dalle dogane italiane 5,368 milioni di tonnellate di acciaio, l’1,7% in più rispetto ai primi sei mesi dell’anno scorso, per un saldo passivo che sfiora i 2,8 milioni di tonnellate. La siderurgia italiana, pur essendo la seconda a livello europeo e tra le principali a livello mondiale, ha da sempre una forte anima importativa. Il dato dei primi sei mesi mostra però una recrudescenza di un fenomeno innescato da qualche anno con la crescente globalizzazione del mercato. L’Italia soffre soprattutto nella componente relativa ai prodotti piani, con circa 3 milioni di tonnellate importate dai paesi extra Ue nel semestre, 5,5 complessivamente in cinque mesi vale a dire poco più di quanto prodotto internamente. Cresce anche l’import di lunghi, per quanto i volumi (306 milioni di tonnellate extra Ue, circa un milione a maggio complessivamente) siano inferiori.

Altro dato di rilievo degli ultimi anni riguarda l’ingresso sul mercato italiano di nuovi attori, prima sconosciuti. A russi, ucraini e turchi si aggiungono cinesi, coreani, iraniani e indiani. Con 2,178 milioni di tonnellate vendute nel 2015, l’Italia è per la Cina il quarto migliore mercato in assoluto per i coils, il primo in Europa, dopo Corea del Sud, Vietnam e India. Il primato cinese nei coils (443mila tonnellate a maggio, il 36,4% in più rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso) dovrebbe però ridimensionarsi a breve: è in corso un’investigazione da parte della Commissione, che potrebbe nelle prossime settimane porre dei dazi su questi prodotti. L’Ue sta studiando dazi anche per i coils importati da Serbia, Ucraina, Brasile, Iran e Russia. Questi ultimi due rappresentano, con 567mila tonnellate, gli altri principali importatori italiani di questo prodotto. Significativo anche il peso di Corea del Sud e Turchia. L’incremento delle importazioni di piani in Italia è stato complessivamente del 10,5 per cento. In crescita anche gli acquisti di lunghi (+15,5%): crescono i laminati mercantili (+54,5%, provenienti anche in questo caso dalla Cina), ma la quota maggiore è relativa alla vergella, anche se gli arrivi sono in calo del 6,3% rispetto all’anno scorso.

© Riproduzione riservata