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Vesuvius chiude gli stabilimenti italiani: a rischio 200 lavoratori

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Vesuvius chiude gli stabilimenti italiani: a rischio 200 lavoratori

Vesuvius annuncia la chiusura degli stabilimenti italiani entro la fine dell'anno e per 200 lavoratori diretti e altrettanti dell’indotto si profila il licenziamento. Una doccia fredda per operai e sindacati e rappresentanti delle istituzioni annunciata venerdì dai vertici dell’azienda nel corso del vertice al Mise richiesto dalle parti sociali per discutere del futuro dei due stabilimenti italiani.

«Il vicepresidente Flow Control Europe Richard Sykes ci ha comunicato la decisione di chiudere gli stabilimenti di Assemini in Sardegna e Avezzano in Abruzzo dal 31 dicembre di quest’anno perché le condizioni del mercato dell’acciaio sono mutate - fa sapere Salvatore Sini, segretario regionale della Uiltec - e la decisione viene giustificata con la sovraccapacità produttiva del Gruppo in presenza della ridotta produzione globale di acciaio (in Italia, la crisi Ilva e le chiusure di acciaierie come Ferrero e Piombino)». Non solo: «Secondo quanto spiegato dai vertici della Vesuvius, tesi che non condividiamo, gli stabilimenti italiani, sono i meno competitivi e i più onerosi e quindi la decisione di chiudere viene considerata ineluttabile».

Un annuncio, pronunciato davanti ai segretari nazionali e regionali di Filctem, Femca e Uiltec cui hanno partecipato anche il presidente di Vesuvius Europa, Patrick Andre e l’Ad di Vesuvius Italia, Emanuele Boccalatte, che non ha lasciato spazio ad interpretazioni. E che non pare possa essere oggetto di retromarcia o ripensamento. In ballo ci sono 105 lavoratori diretti nello stabilimento sardo e altrettanti impiegati nell’indotto. Nello stabilimento di Avezzano sono 90 i diretti più l’indotto. La decisione dell’azienda, che nello stabilimento di Macchiareddu produce una media di 130 mila pezzi di materiale refrattario isostatico per colate in altiforni, ha spinto sindacati e lavoratori a prendere posizione annunciando iniziative.

Per le organizzazioni sindacali confederali nazionali che in serata hanno diramato un comunicato «la multinazionale ha investito nello stabilimento nella Repubblica Ceca, aumentando la capacità produttiva del Gruppo e lasciando indietro proprio gli stabilimenti italiani». Da qui la decisione di avviare la mobilitazione: «La decisione di chiusura è inaccettabile e in aperta violazione degli impegni presi anche presso il ministero solo lo scorso luglio». Per lunedì mattina i lavoratori dello stabilimento sardo hanno convocato un’assemblea straordinaria per affrontare la vertenza.

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