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Dossier I beni culturali vivono solo con il turismo

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    Dossier | N. 9 articoliRapporto Sviluppo sostenibile

    I beni culturali vivono solo con il turismo

    Andrea Carandini, presidente nazionale del Fai
    Andrea Carandini, presidente nazionale del Fai

    La difesa del patrimonio storico e artistico italiano non è incompatibile con la sua fruizione turistica, purché questa sia sostenibile e venga portata avanti rispettandone la valenza culturale. Lo dimostrano da decenni le positive esperienze pionieristiche del Fai (Fondo ambiente italiano) e gli investimenti di tanti privati che hanno investito su luoghi storici aprendoli al turismo di qualità.

    Dallo splendido Borgo San Felice (di proprietà del Gruppo Allianz) nel Chianti toscano al castello di Nipozzano (Firenze) ristrutturato e aperto in parte all’ospitalità dai marchesi Frescobaldi, c’è fermento in Italia sulla rivitalizzazione di luoghi non valorizzati o chiusi a chiave per troppi anni. Sul tema del turismo culturale sta lavorando, ad esempio, l’Associazione Civita, che forte delle sue 140 imprese associate favorisce l’incontro fra pubblico e privato in ambito culturale.

    Gli imprenditori che diventano custodi dei luoghi del cuore non mancano, dalle sorelle Fendi che hanno sostenuto Spoleto e restaurato le grandi fontane di Roma a Brunello Cucinelli che ha rilanciato il borgo trecentesco di Solomeo (Perugia), dalla famiglia Zegna che ha avviato il mecenatismo ambientale con l’Oasi Zegna (Biella) alla Tod’s di Diego Della Valle che ha consentito il restauro del Colosseo, da Bulgari intervenuta per la scalinata di Trinità dei monti alle Cantine Settesoli a favore del parco archeologico di Selinunte. Fino a tutti i mecenati attivi nell’ambito della normativa Art bonus (che finora ha raccolto 121 milioni indirizzati a 714 enti beneficiari, come annunciato ieri nel corso della firma del protocollo d’intesa Mibact-Federazione nazionale cavalieri del lavoro, sul tema).

    Iniziative importanti per superare i gap riscontrati dalla Corte dei Conti, che ha evidenziato come stentino a decollare diffuse iniziative di partenariato pubblico-privato nei processi di valorizzazione dei beni culturali e come non manchino le criticità per alcune di quelle in essere. Che fare, dunque? «Il segreto della valorizzazione dei luoghi – commenta Andrea Carandini, presidente nazionale del Fai – è saperli raccontare. Tutela e fruizione devono andare di pari passo. Per conservare il patrimonio bisogna stimolare la partecipazione delle persone». Una strategia, questa, che riprende quella tracciata da Fiona Reynolds, che per 12 anni ha diretto la charity inglese National Trust portandola al raddoppio degli aderenti. L’ente ora incassa da un monumento ciò che spende, mentre il Fondo ambiente italiano è arrivato all’85%. «Il nostro obiettivo è di raggiungere il 100% come i colleghi inglesi – dichiara Carandini - per dimostrare che una gestione socialmente aperta può portare grandi vantaggi per il monumento stesso».

    Le risorse umane sensibili sui territori non mancano, come dimostra l'esempio coraggioso di un parroco, don Antonio Loffredo, che ha rivitalizzato il Rione Sanità a Napoli, partendo dalla valorizzazione della Basilica di Santa Maria della Sanità e di quella di San Severo, delle catacombe di San Gennaro e del palazzo dello Spagnolo.

    «Ma in Italia ci vorrebbe – afferma Carandini – un vero e proprio New deal dei territori (un robusto programma di rilancio dell’economia, come quello varato negli Usa per uscire dalla grande crisi del 1929, ndr). Il nostro territorio è in buona parte in stato di abbandono dagli anni Sessanta. Basti pensare alla scarsità di piani paesaggistici (con poche eccezioni come Puglia e Toscana). Con il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, c’è stata una svolta, ma ancora incompleta perché occorre ancora interagire con altri dicasteri».

    Tre gli aspetti da considerare per la salvaguardia ambientale, secondo il Fai: il rischio idrogeologico, che impone un maggiore rispetto per il suolo; la valutazione e riduzione del rischio sismico con bonifiche strutturali e una manutenzione programmata; e opere di restauro, per prevenire più che intervenire chirurgicamente.

    Per valorizzare di più il patrimonio artistico italiano, il suggerimento è creare nuovi poli di turismo sostenibile, al di là delle classiche e affollate Venezia, Roma e Firenze, sostiene Carandini. Ci è riuscito l'imprenditore Daniele Kihlgren, che prima ha trasformato il diroccato borgo abruzzese di Santo Stefano di Sessanio (nel Parco nazionale del Gran Sasso, in Abruzzo) in un nuovo modello di sviluppo, poi ha replicato l’esperimento a Matera, nei famosi Sassi, con Sextantio Le Grotte della Civita. Una formula made in Italy, quella degli alberghi diffusi, che annovera tra le new entry il primo bio-villaggio ecosostenibile della Sardegna, Sardinna Antiga, a Siniscola nel Nuorese, recuperato da un sito di pastorizia e ricostruito seguendo il modello delle antiche capanne nuragiche. Sul tema lavora da anni l’Associazione nazionale alberghi diffusi, guidata da Giancarlo Dall’Ara, che promuove questa creazione italiana anche all’estero.

    «Una volta che l’Italia capirà qual è la sua vocazione nel mondo e smetterà di voler primeggiare in troppe cose, il più sarà fatto», conclude Carandini. L’occasione di Matera capitale europea della cultura per il 2019, in questo senso, sarà un banco di prova importante per il turismo culturale sostenibile in Italia.

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