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Pavia riparte dalla manifattura, ma le infrastrutture sono al collasso

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la questione industriale

Pavia riparte dalla manifattura, ma le infrastrutture sono al collasso

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Abbandonare le sirene delle finanziarizzazione e gli eccessi della globalizzazione. Per tornare a dare priorità all’industria. «Ascoltare il territorio: sviluppo è impresa», è il concetto chiave che Alberto Cazzani trasmette alla platea di imprenditori, riuniti per l’assemblea annuale di Confindustria Pavia. Per il presidente dell’associazione è evidente che il ritorno alla “normalità” debba passare anzitutto dalla manifattura. E non a caso l’assemblea si svolge proprio all’interno di una fabbrica, il calzaturificio Moreschi, tra i simboli produttivi dell’area. Che da qualche tempo - spiega Cazzani - ha ripreso a marciare a ritmi superiori alla media lombarda, anche se rispetto al periodo pre-crisi il gap nei confronti della regione resta ampio. Accompagnare la crescita significa dunque tornare ad investire sul territorio, tornare ad agire. A volte - spiega citando Churchill - non basta fare del proprio meglio, occorre fare ciò che è necessario. Puntando anzitutto sulle infrastrutture - spiega - «perché qui ormai tutti i ponti sul Po sono al collasso mentre la Vigevano-Malpensa non è mai stata iniziata», sfruttando la posizione strategica di Pavia all’incrocio tra gli assi Genova-Rotterdam e Lisbona-Kiev. Territorio che per Cazzani merita di essere ascoltato e valorizzato anche per la visione strategica che ha saputo proporre, attivando un piano industriale di area per rilanciare le filiere locali. Packaging, meccanica e Ict, calzature e agroindustria sono alcune delle filiere al lavoro su progetti comuni, «in uno sforzo progettuale ampio che impegna imprese, università, camera di Commercio e associazioni di categoria». Mini-ripresa dell’output da un lato e caratteristiche strutturali dell’area sono gli elementi che spingono comunque le imprese all’ottimismo, in un territorio caratterizzato soprattutto da Pmi e in possesso di una visione di lungo termine.

«Questo territorio - spiega Cazzani - merita di essere ascoltato - perché ha una visione di sviluppo e progetti condivisi, un sistema di relazioni che funziona, una coalizione di soggetti diversi ma capaci di unire: intorno ai progetti di Pavia 2020 si può costruire la nostra riscossa». Traiettorie di sviluppo che in ogni caso saranno fortemente condizionate dalla capacità di aggiornare il know-how: qui si gioca la partita decisiva per fare del territorio una “smart land”, territorio ospitale anche per gli investimenti della fabbrica intelligente.

L’opportunità è ghiotta, perché «finalmente», sottolinea Cazzani, l’Italia ha una nuova politica industriale, con il piano Industria 4.0 che va a colmare un vuoto «incomprensibile per una Paese che è la seconda forza industriale d’Europa, inaccettabile per la Lombardia, prima regione industriale Ue per valore aggiunto».

Un piano, quello di Industria 4.0, esposto ancora una volta alla platea di imprenditori dal ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, che invita le aziende ad utilizzarlo per investire. «Non serviranno decreti attuativi- chiarisce - e dal primo gennaio gli incentivi saranno operativi». In un’ottica di neutralità tecnologica e settoriale che punta anche a concentrare le risorse delle infrastrutture di trasferimento tecnologico nel modo più efficiente possibile. «I centri di competenza - spiega, smorzando in parte le richieste di Cazzani - non possono essere 2000, non si possono buttare i soldi ovunque: in questo caso le logiche locali sono del tutto irrilevanti».

Competenze e know-how che comunque sono considerati prioritari anche dagli imprenditori locali, nella consapevolezza che propria da qui passino le traiettorie di sviluppo per il futuro. «L’università - aggiunge Cazzani - deve diventare il fattore competitivo più importante di questo territorio». Pavia si candida dunque a diventare anche incubatore della nuova industria, nella certezza che solo rimettendo l’impresa al centro del sistema si possa ritrovare la strada della crescita. «Perché dentro queste fabbriche - scandisce - trovate l’Italia che cambia, l’Italia migliore, quella che vince nel mondo: che magari sbuffa ma non molla mai».

Relazione condivisa dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, che ha ricordato come il destino dell’Italia sia in fondo legato a quello delle imprese. Ed è per questo - aggiunge - che Confindustria deve essere equidistante dai partiti, non invece dalla politica. Con un metodo chiaro, che porti ad un confronto costruttivo per individuare soluzioni utili al Paese.

Politica dei fattori e non dei settori, priorità a investimenti, finanza e infrastrutture sono per Boccia le linee guida su cui agire, con un impegno aggiuntivo sulla produttività. «Abbiamo perso 30 punti nei confronti della Germania - spiega - e questo è un gap che dobbiamo colmare se non vogliamo portare alla paralisi una parte del nostro sistema». Sul futuro resta però ottimista. «Se guardiamo a quello che sappiamo fare, alla capacità di industrializzare produzioni artigianali, come accade qui a Vigevano, possiamo dire che la quarta rivoluzione industriale, in fondo, siamo noi».

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