Economia

Esselunga alla prova della successione. Appello per l’italianità

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GRANDE DISTRIBUZIONE

Esselunga alla prova della successione. Appello per l’italianità

Tutti aspettano il testamento di Bernardo Caprotti . È il passaggio chiave per il gruppo distributivo Esselunga, con oltre 150 supermercati, una ventina almeno di progetti di investimento in cantiere, 22mila dipendenti e oltre 7 miliardi di fatturato.

Il pallino oggi è nelle mani del notaio Carlo Marchetti che deve svolgere tutte le procedure testamentarie; da giorni si vocifera che già oggi si dovrebbero avere delle indicazioni, probabilmente in maniera separata tra gli eredi, vista la presenza di figli di due matrimoni e della coniuge.

La chiarezza totale sulla governance del gruppo è fondamentale per una catena che macina utili per centinaia di milioni l’anno e con un patrimonio immobiliare molto consistente, stimabile in oltre 2 miliardi. Ma anche l’industria di beni di largo consumo guarda con interesse alla soluzione della governance di Esselunga, con la quale sono in essere business miliardari.

ESSELUNGA, IL REBUS SUCCESSIONE

Che ruolo avranno le quote legittime? Faciliteranno la governance del gruppo, interessato negli anni recenti da un aspro confronto nelle aule dei Tribunali tra due dei tre figli e Caprotti, proprio sulla titolarità delle azioni di controllo del gruppo? Al momento le voci si rincorrono, anche alla luce del fatto che era stata avviata, sia pure in forma embrionale, una procedura di cessione con l’interessamento di fondi di investimento e banche d’affari.

«È il caso che Esselunga resti in mano italiana e che la politica se ne occupi se vuole davvero favorire il Made in Italy – dice il governatore della Toscana, Enrico Rossi –. Caprotti ha costruito una grande impresa che però, a differenza delle straniere, come Carrefour o Tesco, è un fenomeno solo nazionale. Per questo i prodotti italiani trovano più difficoltà ad essere esportati. Ma qui in Italia –accusa Rossi – si preferisce discettare su “Falce e carrello” e fare polemiche retrò, mentre il Paese rischia di perdere i suoi campioni nazionali che finiscono in mani estere. Senza un adeguato sistema distributivo italiano presente a livello internazionale per chi produce diventa più difficile esportare e vendere all’estero i propri prodotti».

«Credo che Esselunga possa andare avanti con le proprie gambe, Caprotti si è circondato di manager capaci che potranno portare avanti il gruppo in maniera ancora efficiente e di qualità» sottolinea il presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli, a margine del Consumer & Retail Summit del Sole 24 Ore a Milano. «Qualcosa potrà succedere – aggiunge – però mi sembra che Caprotti abbia cercato di dare delle regole per il futuro dell’azienda». «Non c’è niente da temere, i supermercati sono radicati al territorio, nessuno li può portare via da qui. Esselunga rappresenta un valore molto importante per la grande distribuzione italiana. Chi la comprerà, se la comprerà qualcuno, o chi la gestirà, se la gestirà qualcuno, continuerà nella tutela del patrimonio, nel rapporto sempre con i consumatori», conclude Alessandro D’Este, presidente e ad Ferrero Italia.

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