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Dossier Tempi di cambiamento per i porti

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    Dossier | N. 3 articoliRapporto Infrastrutture & Logistica

    Tempi di cambiamento per i porti

    La riforma della governance dei porti, varata definitivamente a fine agosto con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del dlgs 169 su Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali, ha messo in atto un cambiamento epocale nel settore. Un comparto che non aveva più avuto riforme strutturali dai tempi della legge 84/94, altra norma che produsse un’enorme cambiamento, portando le aziende private sulle banchine italiane, fino ad allora a gestione pubblica.

    La riforma realizzata dal Governo Renzi, attraverso il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio, punta a dare uno slancio ulteriore alla portualità, dopo un ventennio durante il quale la 84/94 ha mostrato i suoi pregi ma anche i suoi limiti. Dettati soprattutto dall’inevitabile invecchiamento della normativa, rispetto alle esigenze sempre più incalzanti del traffico merci. Ma il Governo non ha puntato l’attenzione soltanto sui porti bensì sull’intera logistica italiana. La riorganizzazione della governance dei moli, infatti, è solo una parte di un progetto più ampio. Cioè quel Piano strategico della portualità e della logistica con il quale Delrio intende mettere a sistema i fondi disponibili, in particolare quelli Ue, per le banchine e la logistica. Il piano prevede, tra l’altro, una serie di interventi per migliorare i collegamenti marittimi e terrestri, ad esempio semplificando le manovre ferroviarie e introducendo il fast corridor ferroviario negli scali merci. Si punta poi sull’integrazione del sistema logistico e sul coordinamento funzionale delle banchine con interporti e piattaforme logistiche. Sono inoltre previste azioni per migliorare la qualità dei collegamenti ferroviari di ultimo miglio nei porti. Parte del piano è anche la normativa, anche questa appena entrata in vigore, per semplificare le procedure di dragaggio negli scali. Sono poi previste agevolazioni per spostare le merci dalla gomma alla ferrovia e alla nave. Cioè il ferrobonus e il marebonus, per introdurre i quali il Ministero sta trattando serratamente con Bruxelles.

    Per quanto riguarda, in particolare, la riforma della governance dei porti, il Governo ha scelto una strada che sembra lontana da quella della legge 84/94. Questa aveva creato le Autorità portuali, deputandole a favorire l’ingresso dei privati sulle banchine e sottraendo, per certi versi, allo Stato il controllo diretto dei porti. Una mossa che ha favorito, in una prima fase, lo sviluppo dei terminal italiani. Ma che poi ha portato a un’involuzione: quella dei porti vicini che si fanno concorrenza tra loro per il medesimo traffico, chiedendo (e spesso ottenendo) risorse, ciascuno per sé e in un contesto privo di un progetto organico per uno sviluppo nazionale della portualità italiana. Per superare questo impasse e consentire agli scali italiani di tornare a essere competitivi, Delrio ha scelto, paradossalmente, un ritorno al passato, all’accentramento sul Ministero delle decisioni che riguardano i porti.

    Il dlgs, nell’ottica di semplificare il sistema, riduce le attuali 24 Autorità portuali (che coordinavano 30 porti) a 15 Autorità di sistema portuale (Adsp); a queste faranno capo non solo gli scali delle Authority ma complessivamente 57 porti italiani. Il cda del porto, chiamato comitato di gestione, viene ridotto a poche unità, 3 o 5, rispetto ai 22 membri dei comitati portuali. Tuttavia, come si diceva, viene introdotto anche un coordinamento centralizzato. E se il comitato di gestione delle Adsp sarà guidato da un presidente manager, tuttavia questo verrà scelto dal ministro delle Infrastrutture, sia pure d’intesa con le Regioni interessate. I rappresentanti degli operatori e delle imprese faranno parte, invece, degli “organismi di partenariato della risorsa mare”, con funzioni consultive. È prevista, poi, una “conferenza nazionale di coordinamento delle Adsp”, presieduta dal ministro, che programmerà le scelte strategiche dei porti, fino a definire un Piano regolatore portuale nazionale.

    Mettere in movimento questa macchina, però, è tutt’altro che semplice e nei giorni scorsi Delrio, per gestire la fase amministrativa transitoria del passaggio da port Authority ad Adsp, ha dovuto far emanare al Mit una circolare in cui si mette in chiaro che «finché le Adsp non saranno operative», le attuali Autorità portuali devono «evitare di porre in essere atti suscettibili di incidere sulle competenze relative alla programmazione e pianificazione dei nuovi enti». Ma Delrio ha anche un altro problema da fronteggiare. Quello della proroga dei tempi per la fusione delle port Authority in Adsp, richiesta da quattro Regioni. Si tratta di Liguria (per l’accorpamento tra Genova e Savona), Sardegna (per l’unione tra Cagliari e Olbia), Campania (per la fusione tra Napoli e Salerno) e Sicilia (per l’accorpamento previsto tra Gioia Tauro e Messina). La riforma prevede che possa essere accordata una proroga fino a tre anni; ma spetta al Mit decidere se concederla e con quale durata.

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