Economia

L’industria emiliana va avanti piano

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CONGIUNTURA

L’industria emiliana va avanti piano

Come locomotiva del Paese, l’Emilia-Romagna marcia piano, meno del previsto. Il +1% di crescita del Pil regionale nel 2016 e nel 2017 è sopra la media del Paese (+0,8 quest’anno, +0,9 il prossimo) ma oltre mezzo punto sotto il dato dell’area euro, con cui l’industria emiliana è abituata a competere. Fatturato e produzione manifatturieri crescono del 2% nel secondo trimestre, gli ordini ancora meno (+1,5%) e il +1,6% dell’export nella prima metà dell’anno è sì un trend migliore rispetto allo stop del Paese e agli “zero virgola” di Lombardia e Veneto, ma è più che dimezzato rispetto alla performance del 2015 (+4,4%).

Sono numeri tutti positivi (di una regione che si conferma al traino dell’economia nazionale) che non bastano però a creare un clima positivo quelli contenuti nel rapporto congiunturale sull’Emilia-Romagna presentato ieri a Bologna, che mette a sintesi i dati raccolti da Confindustria, Unioncamere e Intesa Sanpaolo. E ciò che più preoccupa è che sono fattori esogeni, fuori controllo - dalle incertezze geopolitiche tra terrorismo ed elezioni americane all’effetto Brexit che si traducono in una generalizzata frenata del commercio mondiali – a condizionare lo scenario di una regione che in questi anni, tra crisi e terremoto, è comunque riuscita a ridurre il tasso di disoccupazione, oggi al 6,8%, pur a fronte di un costante calo delle imprese (2mila in meno da metà giugno 2015, 20mila in meno dal 2008 a oggi).

L’industria

È eloquente il risultato dell’indagine di Confindustria Emilia-Romagna sulle previsioni delle aziende associate per la seconda metà del 2016: resta positivo il saldo tra imprenditori ottimisti (31%) e pessimisti (16,8%) quando si parla di attese della produzione, ma è un dato in calo di 5 punti rispetto a sei mesi fa; così come scende di 9 punti il saldo, seppur positivo (15,5%), tra fiduciosi e sfiduciati in tema di esportazioni. Stabili le prospettive occupazionali. «Il clima di fiducia si va raffreddando – dichiara il rappresentante di Confindustria Emilia-Romagna Maurizio Focchi – così come sono inferiori alle nostre aspettative le performance del primo semestre, con una situazione sempre più polarizzata tra imprese anche all’interno dello stesso settore. Ma le opportunità non mancano e vanno colte, a partire dal Piano nazionale Industria 4.0, che mette a sistema una serie di strumenti, anche in logica di filiere, su cui devono convergere ora gli sforzi della nostra amministrazione regionale. Bisogna spingere con tutti i mezzi possibili i programmi di investimento delle imprese». Sullo sfondo pesa il confronto tra l’indicatore dell’export regionale salito del 18& dal 2008 a oggi, mentre gli investimenti sono calati sulla via Emilia del 27% nello stesso periodo.

Lo scenario manifatturiero

Lo sguardo allargato su tutto il panorama di piccole, medie e grandi imprese della via Emilia conferma luci e ombre di una regione, l’Emilia-Romagna, che con Lombardia e Veneto contribuisce al 40% del Pil italiano, un valore pari a quello della Turchia. Dove industria ed export fanno da motori, ma girano però a ritmi inferiori al 3% (+2% il fatturato, +2,1% la produzione, +1,5% gli ordini), anche nei settori di punta come la metalmeccanica e anche tra le grandi imprese (con indicatori di attività e commercio in salita del 2,8% a fronte di lievi flessioni nelle microrealtà). Pure a guardare nel dettaglio i dati sul mercato del lavoro – racconta l’analisi Unioncamere – si scopre che mentre l’Istat dice che nei primi sei mesi dell’anno gli occupati sono aumentati del 2,4% (46.150 in più), l’Inps precisa che il boom è legato ai voucher, saliti del 35%, mentre i contratti a tempo indeterminato sono crollati del 34 per cento. È una ripresa fragile sempre più selettiva, conferma il presidente camerale dell’Emilia-Romagna, Alberto Zambianchi che sollecita un rilancio del «rapporto virtuoso tra imprese e territorio, che è sempre stato l’elemento vincente del modello regionale, emiliano-romagnolo, ibridando e portando a valor comune gli aspetti positivi connessi alle tecnologie digitali e alla sharing economy»

Il credito

Nessun segnale di svolta neppure dal fronte creditizio. Mentre crescono infatti i prestiti alle famiglie (+1%), flettono quelli alle imprese (-3,4% a luglio 2016 rispetto all’anno prima). E i finanziamenti alle costruzioni – secondo il centro studi di Intesa Sanpaolo – si restringe di un ulteriore 16,5%. Eppure, le condizioni di accesso al credito restano favorevoli, visto che il tasso medio praticato in Emilia-Romagna è inferiore al dato nazionale (4,4% per prestiti a medio-lungo termine contro il 4,8% di media). Resta però alto il tasso di ingresso in sofferenza dei prestiti, anche nella virtuosa Emilia: 4,4% per quelli alle imprese, percentuale più alta della media italiana (3,8%) . E il rapporto sofferenze-prestiti resta preoccupante: 16,8% per le imprese contro il 6,6% delle famiglie.

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