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Natuzzi e Cementir, le due vertenze che tengono in ansia la Puglia

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Natuzzi e Cementir, le due vertenze che tengono in ansia la Puglia

Lavorazione Natuzzi (Imagoeconomica)
Lavorazione Natuzzi (Imagoeconomica)

Sono ad un passaggio cruciale due vertenze di lavoro nel Tarantino: Natuzzi e Cementir. Coinvolte quasi 350 unità. In entrambi i casi ci sono ammortizzatori sociali in scadenza e non c’è ancora una soluzione. Nel caso di Natuzzi, interessato lo stabilimento di Ginosa, il 14 ottobre finisce la cassa integrazione e in 300 dovrebbero andare in mobilità le cui procedure sono state attivate dall'impresa lo scorso 26 luglio. Per Cementir, invece, dove 47 degli annunciati 106 licenziamenti nel gruppo riguardano il sito di Taranto, il 18 ottobre terminano i contratti di solidarietà. Proroga della cassa integrazione nelle due situazioni, col ricorso alla deroga per la Natuzzi, è la richiesta dei sindacati. Ieri, intanto, sciopero alla Cementir, oggi nuova protesta alla Natuzzi per la quale domani il Mise ha convocato un incontro.

«Natuzzi - annunciano i sindacati dopo la rottura delle trattative ieri sera a Taranto - ha comunicato la sua improrogabile decisione di licenziare i 330 dipendenti in cassa integrazione e di non voler utilizzare alcuna forma di ammortizzatore sociale». «I sindacati – prosegue la nota – hanno continuato a chiedere alla Natuzzi di recedere dalla decisione riproponendo un piano industriale per il recupero di tutti i dipendenti in cassa integrazione utilizzando la cassa in deroga in tempo utile per perfezionare un vero programma di recupero dei lavoratori». Ma «in nessuno degli accordi siglati al Mise – chiarisce a sua volta Natuzzi – l’azienda si è mai impegnata a riassorbire nell’attuale organico del polo Italia i collaboratori in esubero. Tutti gli accordi sottoscritti con le organizzazioni sindacali hanno sempre dichiarato, senza equivoci, che i collaboratori in regime di cassa integrazione sono da considerarsi esuberi strutturali e che la loro ricollocazione sarebbe avvenuta all’interno di società terze, esterne a Natuzzi». Per Natuzzi, un passo avanti in ogni caso c’è, perché, spiega l’azienda, «grazie all’incremento dell’incentivo per tutti coloro che hanno accettato di aderire alla procedura di mobilità volontaria entro il 7 ottobre 2016, gli esuberi residui si sono ridotti da 355 a 300». Di conseguenza, «Natuzzi ribadisce la propria disponibilità alla costituzione di una newco a cui affidare le commesse della trasformazione del poliuretano per le imbottiture di divani e poltrone. Il piano prevede l’utilizzo del sito produttivo di Ginosa e l’impiego a regime di circa 100 collaboratori». Un numero che però i sindacati contestano e che il Mise reputa insufficiente. Era prevista una nuova seduta della cabina di regia al Mise lo scorso 10 ottobre, al fine di trovare una via d’uscita, ma non c'è stata.
Per Cementir, invece, il sito di Taranto, dove oggi lavorano in 72, si ridurrebbe drasticamente con i licenziamenti annunciati. Già in programma un incontro al ministero del Lavoro. I sindacati chiedono cosa è rimasto del piano di investimenti annunciato tempo addietro da Cementir e ricordano che Taranto è una di quelle aree di crisi complessa che, su decisione del Governo, beneficerà di un altro anno di proroga degli ammortizzatori sociali. Cementir ha intanto chiesto all’Autorità portuale il rinnovo, per venti anni, della concessione della radice del quarto sporgente e di un’area retrostante la calata 4 del porto dove riposizionerebbe il nastro trasportatore, lasciando invece libera, e ripristinandola come era, la stessa calata 4. Ma dall’Authority fanno sapere che nella fase di transizione, in attesa che decolli la riforma della portualità, ogni discorso di concessione è temporaneamente fermo per evitare che l’amministrazione uscente assuma decisioni che impegnino quella che subentrerà. E in ogni caso, si osserva, un conto è se Cementir prosegue e rilancia l’attività a Taranto, altro è se dismette.

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