Ci sono i sei miliardi di euro di fondi europei che la Romania entro il 2020 dovrà utilizzare per l’ammodernamento della rete nazionale dei trasporti. Ci sono i forti incentivi agli investimenti nelle 12 zone franche della Serbia. Ci sono i progetti per il trattamento dei rifiuti e delle risorse idriche in Bulgaria e, infine, la tassazione competitiva per le Pmi in Albania, che a Tirana e dintorni pagano appena il 7,5 per cento. Sono molte le opportunità che i Paesi balcanici offrono alle imprese italiane, in quest’area rappresentate da Confindustria Balcani, che riunisce le omonime associazioni imprenditoriali di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Romania e Serbia.
E proprio mercoledì si svolgeranno a Bucarest prima l’assemblea generale di Confindustria Balcani, la cui presidenza passerà a Confindustria Romania, e a seguire un evento pubblico dedicato all’internazionalizzazione nell’area, al quale saranno presenti alcuni ministri e viceministri dei Paesi coinvolti. Atteso al seminario anche il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che durante la sua visita in Romania incontrerà anche il presidente della Repubblica, Klaus Iohannis, e il premier Dacian Ciolos.
La Romania è, senza dubbio, il Paese in prima fila per gli investimenti delle imprese italiane nell’area balcanica: vale quasi 13 miliardi di interscambio, oltre 4,6 miliardi di investimenti diretti e può contare su quasi 42mila imprese italiane registrate, di cui oltre 24mila attive. Le prospettive più interessanti per il Made in Italy oggi arrivano dal plafond di fondi europei (oltre 30 miliardi entro il 2020) che Bucarest dovrà spendere tra ammodernamento delle infrastrutture e sviluppo agricolo. Molte, poi, sono le aziende italiane che hanno investito nell’energia verde, un settore che dal 2010 a oggi ha attirato capitali per oltre 6 miliardi di euro e che si appresta a ricevere nuovi incentivi grazie alla Legge sull’energia rinnovabile.
Anche la Bulgaria da qui al 2020 sarà beneficiata da 15,7 miliardi di fondi europei, che dovranno essere spesi soprattutto nello sviluppo delle infrastrutture, in particolare quelle per l’Ict. Quest’ultimo settore risulta estremamente attrattivo, per via dell’assenza di una tassa sulle esportazioni e dei bassi costi della manodopera (il salario medio mensile lordo è di 400 euro).
In Albania il governo ha deciso di offrire agevolazioni fiscali a chi investe in alcuni settori considerati strategici, tra i quali l’energia, le miniere, le tlc, i trasporti e il trattamento dei rifiuti. Anche Tirana punta sull’ammodernamento delle sue infrastrutture: da segnalare in particolare la realizzazione dell’autostrada che da Elbasan porta alla capitale, che sarà finanziata grazie a un prestito della Banca di sviluppo islamica dell’Arabia Saudita. In Bosnia Erzegovina le principali opportunità di investimento oggi sono legate alle privatizzazioni; infine in Serbia - di cui l’Italia è primo partner commerciale - il governo si è impegnato a finanziare parte dei progetti di investimento destinati al commercio internazionale nel settore manifatturiero e in quello dei servizi.
In futuro, Confindustria Balcani dovrebbe coprire anche la Croazia e il Montenegro, due realtà in cui ormai si registra una forte presenza imprenditoriale italiana.
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