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Start up marchigiane solide e innovative, ma poco propense a investire

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Start up marchigiane solide e innovative, ma poco propense a investire

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Giovani, solide, innovative, sempre più numerose, ma anche con una bassa propensione all’investimento e al rischio, con ricavi ridotti e a bassa crescita: è l’immagine contraddittoria delle start-up marchigiane che emerge dal Rapporto 2016 sull’imprenditorialità, curato dalla Fondazione Merloni e dall’Università Politecnica delle Marche.

Nell’Italia in cui il numero delle imprese continua a contrarsi, le Marche seguono lo stesso trend ma mantengono un tasso di vivacità imprenditoriale superiore alla media nazionale, soprattutto grazie alle nuove imprese nel settore manifatturiero e nei settori a più alto contenuto di conoscenza. Questa maggiore vivacità è testimoniata proprio dai dati sulle start-up innovative: le Marche sono fra le regioni con i più alti tassi di attivazione in proporzione alla popolazione e, rispetto alla media italiana, hanno una maggiore quota di start-up manifatturiere, il cui avvio richiede competenze superiori rispetto a quelle nei servizi.

A metà settembre 2016, nelle Marche erano attive 295 start-up innovative, il 5% del totale nazionale (erano il 4,8% nel 2015): una percentuale superiore al peso della regione sul totale nazionale. Inoltre, la vivacità nell’avvio di questa tipologia d’impresa è diffusa in tutto il territorio regionale: il tasso di avvio di imprese innovative in relazione alla popolazione è superiore alla media nazionale per tutte le province marchigiane e, in particolare, nelle province di Ancona e Macerata.

Ma il Rapporto evidenzia anche le principali debolezze. Trattandosi di società molto giovani (l’80% non ha superato i due anni di attività), la grande maggioranza ha un volume di ricavi molto contenuti: delle società per le quali è disponibile il valore della produzione (circa il 50% del totale), i due terzi si collocano nella classe da 0 a 100mila euro e solo il 2,4% delle società (56) supera il milione di euro di ricavi. Infine, il valore dei ricavi mostra una relazione positiva con l’età: la percentuale di imprese che superano 1 milione di euro di ricavi cresce dallo 0,6% di quelle con 1 anno di età al 7,6% di quello con 5 anni di attività.

Secondo Donato Iacobucci, docente di economia applicata all’Univpm e coordinatore della Fondazione Merloni, «pur in presenza di buone pratiche, nelle Marche mancano ancora quelle che negli Stati Uniti vengono definite gazzelle», cioè imprese ad alta crescita del profitto. «Bisognerebbe rassicurare i giovani imprenditori – aggiunge - a credere nel fatto che se l’idea fallisce si ricomincia, e occorrerebbe investire ancora di più nella formazione imprenditoriale, senza concentrarsi solo su come avviare una nuova azienda o fare un business plan, ma, con obiettivi a più lungo termine, puntando a una cultura vasta dell’essere imprenditore».

Un’operazione di consolidamento di queste nuove forme di imprenditorialità, “che – per l’assessore regionale al Lavoro, Loretta Bravi – deve coinvolgere il sistema scolastico e il mondo universitario; contemporaneamente, vanno rafforzate le competenze trasversali che aiutano a gestire le sfide e i cambiamenti del mercato».

Proprio per lo sviluppo e il consolidamento di start up ad alta intensità di applicazione delle conoscenze, la Regione Marche è pronta a investire 8 milioni, attraverso un bando Por Fesr 2014/2020.

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