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Vesuvius annuncia chiusura a Cagliari e L’Aquila. Dipendenti in…

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Vesuvius annuncia chiusura a Cagliari e L’Aquila. Dipendenti in sciopero

Ventiquattro ore di sciopero di tutti i dipendenti Vesuvius Italia contro la chiusura degli stabilimenti di Macchiareddu (Cagliari) e Avezzano (l’Aquila) e il licenziamento di 186 lavoratori. Una protesta che viaggia quasi in simultanea con l’incontro al Mise, proprio martedì 18, tra i rappresentanti del Governo, la regione Sardegna i sindacati e la Vesuvius. Argomento sarà proprio la chiusura dello stabilimento sardo e di quello abruzzese. Una decisione annunciata da tempo e che ha già visto attivare le pratiche per i licenziamenti collettivi.

Un annuncio, come fanno sapere dalla Vesuvius, risultato di «un’approfondita analisi delle dinamiche relative a domanda e produzione di acciaio sia in Emea, sia a livello globale». Il risultato concreto poi è la chiusura dei due impianti che occupano rispettivamente 105 lavoratori in Sardegna e 81 in Abruzzo. «Lo stabilimento di Assemini produce principalmente Isostatic pressed products (Viso) ed è il sito meno competitivo dal punto di vista dei costi tra tutti gli altri stabilimenti della divisione flow control in Emea – fa sapere ancora la Vesuvius –. Lo stabilimento di Avezzano, invece, è focalizzato sui prodotti slide-gate e sarà chiuso per bilanciare l’attuale capacità produttiva del Gruppo». Dall’azienda, che si dichiara «disponibile fin da subito a iniziare la discussione per individuare la migliore soluzione in grado di minimizzare l’impatto sociale sui 186 dipendenti coinvolti, coerentemente con la cultura del Gruppo» la rassicurazione: «Questo annuncio non avrà alcuna conseguenza sulla situazione occupazionale delle altre entità di Vesuvius presenti in Italia, come la sede principale di Genova, il sito di Vermezzo e i siti di Muggiò e Desio. L’intenzione della società è quella di rimanere presente e attiva in Italia». Immediata la replica dei sindacati Filctem, Femca e Uiltec che oltre ad aver annunciato di «respingere le decisioni» e sollecitato un intervento del Governo e delle istituzioni regionali chiedono che «il ministero sia la sede per lo svolgimento della procedura di mobilità avviata dall’azienda, nel rispetto dei vincoli stabiliti dalla legge n.223 /1991».

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