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Dossier L’economia circolare ora è un business

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    Dossier | N. 10 articoliRapporto Sviluppo sostenibile

    L’economia circolare ora è un business

    La valorizzazione degli scarti dei consumi, l'estensione del ciclo di vita dei prodotti, la sharing economy (economia della condivisione delle risorse), l'impiego di materie prime da riciclo, l’uso di energia da fonti rinnovabili possono innescare un circolo virtuoso di produzione e consumo responsabile in grado di migliorare le condizioni ambientali del nostro pianeta (riducendone l’inquinamento) e quelle di vita dei suoi abitanti (attraverso la distribuzione più equa delle risorse).
    Il sistema economico usato per secoli - quello lineare del produrre senza riguardo per le materie prime, del loro utilizzo non condiviso e dello smaltimento selvaggio degli scarti - è sempre più inefficiente e costoso per il pianeta, i cittadini e le imprese. Va sostituito quanto prima con il più lungimirante modello dell’economia circolare, basato sulle tre “R”: ridurre (gli imballi dei prodotti, gli sprechi di materie prime, eccetera), riusare (allungando il ciclo di vita dei beni) e riciclare (gli scarti non riutilizzabili).

    L’economia circolare - promossa a gran voce adesso dalle Nazioni Unite, dall’Unione europea e dai docenti, consulenti e imprenditori più illuminati - può creare un modello di sviluppo del genere umano completamente nuovo. E proficuo, perché taglia gli sprechi (attraverso l’efficienza energetica, idrica e un uso responsabile delle materie prime, ad esempio). Riuso, riciclo e recupero sono le parole chiave intorno alle quali costruire un nuovo paradigma di sostenibilità, innovazione e competitività, in uno scenario in cui anche i rifiuti si trasformano da problema in risorsa. Uno studio della Ellen McArthur Foundation (centro di ricerca sull’economia circolare) realizzato dalla società di consulenza McKinsey rivela che, in Europa, l'economia circolare può generare un beneficio economico da 1.800 miliardi di euro entro il 2030, può dare una spinta al Pil (il prodotto interno lordo, vale a dire la ricchezza) di circa 7 punti percentuali addizionali, può creare nuovi posti di lavoro e incrementare del 3% la produttività annua delle risorse.

    Karmenu Vella, commissario europeo per l'Ambiente, gli affari marittimi e la pesca sta lavorando al nuovo piano d'azione dell’Unione europea (Ue) sull'economia circolare. Il nuovo pacchetto normativo sull’economia circolare in riscrittura potrà contribuire a creare un sistema in cui il valore dei beni si conserva il più a lungo possibile (attraverso una progettazione più intelligente) e in cui tutte le attività, a partire dalla produzione industriale dei prodotti di consumo, sono organizzate perché anche i rifiuti diventino risorse (un esempio sono le etichette di carta facilmente staccabili dalle confezioni di plastica, per consentire un riciclo più semplice). La nuova direttiva Ue in arrivo prevede un approccio innovativo ai rifiuti, secondo cui è necessario prendere in considerazione l'intero ciclo di vita di un prodotto, dal design alla produzione e fino alle misure di prevenzione, riciclo e riuso. Insomma, un richiamo non solo a una politica ambientale, ma anche industriale che modifichi la filosofia di produzione e di approvvigionamento delle materie prime, che pesa per il 40% sui costi.

    «Un cambiamento sistemico che richiede politiche ambiziose, sostenute da un quadro legislativo chiaro e capace di dare i giusti segnali agli investitori», spiega Simona Bonafé, eurodeputata del Pd e relatrice del pacchetto sull'economia circolare al Parlamento europeo. Ma perché questo cambiamento possa avvenire, i finanziamenti sono essenziali. A tal proposito verranno usati i fondi strutturali e d'investimento europei (Sie), il programma per la ricerca e l'innovazione Orizzonte 2020 e la Banca europea per gli investimenti (Bei). «Bisogna da una parte rafforzare la prevenzione dei rifiuti e dall'altra applicare misure di sostegno al mercato delle prime secondarie (quelle derivanti dall’attività di riciclo); inoltre, facendo leva sulla possibilità di ridurre i costi da sostenere per il fine vita dei prodotti, è possibile incentivare le industrie a progettare beni in grado di essere riutilizzati o riciclati facilmente».

    In Italia, negli ultimi anni, è cresciuta la sensibilità sul fronte dei rifiuti: secondo stime del Conai, il Consorzio nazionale degli imballaggi, nel 2018 il tasso di riciclo salirà al 68,7%, mentre circa l'11,8% sarà avviato al recupero energetico. Significativi risultati anche per carta e cartone: «Meno di vent'anni fa in Italia si riciclava solo il 37% della carta e cartone immessi al consumo, mentre oggi siamo all'80%», spiega Piero Attoma, presidente del consorzio Comieco. Uno scenario che vale anche per il vetro, materiale di per sé sostenibile «perché può essere riciclato infinite volte mantenendo sempre le sue caratteristiche», precisa Franco Grisan, presidente del consorzio CoReVe, che spiega come attraverso il riciclo si sia risparmiata l'estrazione di materie prime per circa 3 milioni di tonnellate. Sono 540mila, invece, le tonnellate di rifiuti di imballaggi in plastica riciclati nel 2015. «Siamo considerati non solo un'eccellenza europea, ma anche mondiale», dice Antonello Ciotti, presidente del consorzio Corepla. Leadership mondiale anche per la raccolta di pneumatici a fine vita (il consorzio principale è Ecopneus), e per il Consorzio obbligatorio degli olii usati (Coou) che raccoglie il 98% del potenziale raccoglibile, avviandolo alla rigenerazione.

    I principi dell'economia circolare stanno conquistando anche le aziende. L’industria dell'auto, oltre alle esperienze di car sharing urbano (come Car2Go Enjoy, Share’ngo e Drive Now a Milano), sta evolvendo anche in fabbrica, studiando progettazioni che agevolano il successivo recupero della componentistica e impiegando materiali riciclabili a basso impatto ambientale. Pioniera in questo ambito è Renault Nissan, con l’impianto industriale modello di Choisy-le-Roy, vicino Parigi, che ricondiziona circa 60mila all’anno fra motori e altre componenti apparentemente giunti a fine vita. Il prossimo passo sarà diffondere il più possibile queste buone pratiche, per favorirne la disseminazione, con messaggio forte e chiaro: l’economia circolare conviene.

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