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L’industria bolognese è affamata di tecnici specializzati

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L’industria bolognese è affamata di tecnici specializzati

Non ci può essere rinascimento manifatturiero se non c’è una rifioritura della cultura tecnica e industriale. Parte da questo presupposto il progetto pilota lanciato dall’industria bolognese per dare una risposta autarchica al gap di tecnici e periti sul territorio e contrastare lo stereotipo gentiliano per cui gli studenti brillanti devono scegliere il liceo e quelli mediocri il tecnico o il professionale. «Le nostre imprese hanno ogni anno la necessità di assumere 1.500 diplomati tecnici, ma dagli istituti del territorio ne arrivano appena 286, ci sono oltre mille posti di lavoro scoperti», afferma Alberto Vacchi, presidente di Ima Group e di Unindustria Bologna. Ente capofila del progetto “Istruzione tecnica: la scelta che rifarei”, cui hanno già aderito i più grossi marchi locali a caccia di talenti meccanici, come Bonfiglioli, Ducati, Marchesini, Sacmi, Philip Morris, Carpigiani, Marposs.

Di fronte ai dati sulla disoccupazione giovanile che anche nel sano tessuto bolognese arrivano al 31% per gli under 24, va sottolineato che il 95% dei diplomati agli Iti (che non proseguono gli studi universitari) trova un impiego a Bologna entro il primo anno dal diploma e il 60% è già inserito in azienda dopo tre mesi. Eppure solo il 18% dei ragazzi bolognesi sceglie un percorso di istruzione tecnica dopo le medie, contro oltre la metà che opta per il liceo. Con la consapevolezza sia tra i giovani sia tra gli imprenditori che l’alternanza scuola-lavoro è un pannicello caldo di fronte alle esigenze competitive di un distretto che sfida sui mercati globali competitor di Paesi come Germania e Inghilterra dove l’istruzione tecnica è al centro del sistema formativo.

Unindustria Bologna ha impegnato 300mila euro l’anno per tre anni nel nuovo progetto, di cui 200mila euro destinati a «Far volare gli Iti», titolo di uno dei cinque punti del protocollo di intesa firmato lunedì scorso con Ufficio scolastico regionale, Alma Mater e i quattro istituti tecnici dell’area metropolitana, per stimolare investimenti nelle strutture e nelle strumentazioni delle scuole coinvolte (Unindustria metterà un euro per ogni euro stanziato dalle aziende). Nel frattempo è partita un’inedita campagna marketing per comunicare direttamente con le famiglie emiliane – il progetto verrà esteso a tutta la nascente Confindustria Emilia – e avviare la virata culturale pro studio e lavoro tecnico. E quale migliore sponsor di Claudio Domenicali? Bolognese doc, nato con il chiodo per i motori oggi alla guida della rossa Ducati, che per inseguire la sua passione si è messo contro i genitori per frequentare prima le Aldini Valeriani - una delle più antiche scuole tecniche d’Europa, è del 1844 - e poi la facoltà di Ingegneria all’Alma Mater. «Rifarei quella scelta - afferma Domenicali – perché in università non ho mai ritrovato la fisicità dell’imparare facendo dell’Iti, tra frese, torni e provette. Gli ingegneri che venivano dal liceo me li mangiavo a colazione, c’è una distanza fotonica dell’ateneo dalla realtà produttiva».

Proprio per rimediare a questo gap partirà in ottobre 2017 all’Alma Mater, grazie alla co-progettazione a tre con Unindustria e Iti bolognesi, un nuovo corso di laurea triennale professionalizzante in Ingegneria meccatronica: «È il primo corso del genere in Italia ed è strutturato con un terzo delle attività in aula, un terzo in laboratorio e un terzo presso le aziende, i 50 posti programmati sono già stati tutti opzionati da 18 imprese», spiega il rettore dell’Università di Bologna, Francesco Ubertini.

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