Un regalo di Natale. Da infiocchettare e poi da spedire. I volumi che contengono le statistiche di WorldSteel dovrebbero essere recapitati, da inizio dicembre, a tutti quelli che vorrebbero buttare le chiavi dell’Ilva nel Mar Piccolo di Taranto. Poche cose raccontano meglio le storie del mondo di quanto non facciano le elaborazioni macroeconomiche. Quelle di WorldSteel raccontano del nostro piccolo villaggio – l’Italia – e della vasta Metropolis di acciaio e di colate, di ghisa e di forni elettrici formata da tutto l’Occidente e dai nuovi grandi produttori, la Cina, ma anche l’India e la Russia. In queste statistiche, regalo di Natale perfetto per tutti i sostenitori di una chiusura parziale ma significativa o totale e definitiva dell’impianto di Taranto (dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano agli ambientalisti radicali, movimentisti e mediaticamente assai impegnati), si mostra quanto l’Ilva sia fondamentale nella dinamica economica del nostro Paese. A ottobre, la produzione italiana di acciaio è salita dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando a Taranto la produzione era ridotta ai minimi per la sospensione delle attività dell’altoforno 5. L’Ilva per la nostra economia è importante. Chiariamoci: chi ha sbagliato deve pagare, le ferite dell’industria primaria vanno curate con bonifiche adeguate, l’impianto va portato al massimo dell’efficienza ambientale. L’anno prossimo, se Dio vuole, l’Ilva avrà un nuovo proprietario. La notte della Taranta si tiene una volta all’anno a Melpignano. A Taranto la Taranta non ha mai mollato davvero la presa sul corpo di carne e metallo, fumi e uffici dell’Ilva. Le statistiche indicano quanto quel corpo sia martoriato, ma importante. Per questo va guarito e non tumulato.
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