Economia

Accordo per riciclare i 45 milioni di telefonini abbandonati

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Accordo per riciclare i 45 milioni di telefonini abbandonati

Liberiamoci di quei vecchi telefonini che da anni dormono sfiniti sul fondo dei cassetti: ne giacciono abbandonati e non usati forse 45 milioni, tanti quanti gli abitanti della Spagna, neonati compresi. Quarantacinque milioni di telefonini spenti che producono solamente polvere, spesso ancora con l’inutilizzabile tecnologia tacs, accompagnati da caricabatterie scompagnati, insieme con batterie sfiatate e con intrecci di cavi e auricolari di epoca giurassica.
Ora quel telefonino protostorico (e la matassa di cavi d’accompagnamento) può essere raccolto e riciclato senza alcun sovraccosto.
È sufficiente consegnarlo a uno dei 1.500 negozi di elettronica dell’associazione di categoria Aires (alla quale hanno aderito le catene Euronics, Expert, Trony-Sinergy e Unieuro).
Il servizio si chiama “uno-contro-zero”, cioè a differenza del sistema “uno-contro-uno”, in questo caso, non c’è bisogno di comprare un apparecchio nuovo per rendere e far riciclare quello vecchio.
È questo il risultato di un accordo che l’Aires ha stipulato con Remedia, uno dei consorzi che raccolgono e riciclano i raee, sigla dei rifiuti da apparecchi elettrici ed elettronici.

Se non vengono recuperati, quei telefonini – con tutta l’elettronica, i metalli rari e preziosi e con i composti pericolosissimi che vi sono contenuti – spesso sono smaltiti in un modo vietato e soprattutto stupidamente inquinante:  nell’immondizia, come fanno molti incivili.

Quanti sono i telefonini abbandonati sul fondo dei cassetti? Il consorzio di raccolta e ricupero Remedia ha tentato una stima non facile. Nel 2014, i 60 milioni di italiani possedevano in tutto almeno 137 milioni di cellulari (nel 2016 dovremmo avere superato i 150 milioni di apparecchi). Le vendite annuali ammontano a circa 28 milioni di pezzi, ma solamente 5 milioni di pezzi l’anno arrivano effettivamente ai servizi di raccolta e riciclo attraverso i diversi canali, mentre si pensa che ogni anno nei cassetti degli italiani si aggiungano a produr polvere circa 9 milioni di telefonini.
Vengono conservati perché “non si sa mai” oppure per regalarli, ma l’evoluzione della tecnologia e degli stili di utilizzo è talmente rapida che rende presto inutili gli apparecchi vecchi. Vi sono giacimenti di Ericsson, di Panasonic, di Motorola e degli indistruttibili Nokia che hanno segnato la storia della telefonia mobile.

Spiega Danilo Bonato, direttore del consorzio di riciclo Remedia: «Con questa intesa, ora tutti i piccoli apparecchi elettronici come un vecchio cellulare, un piccolo elettrodomestico o ogni altro prodotto elettronico di dimensioni inferiori ai 25 centimetri possono essere conferiti dai consumatori presso i punti vendita di almeno 400 metri quadrati, senza obbligo di acquisto di un prodotto nuovo». Il consorzio Remedia nel 2016 gestisce 60mila tonnellate di rifiuti raee. Nella raccolta e riciclo dei piccoli apparecchi l’Italia sconta un certo ritardo e i tassi di ritorno si attestano su livelli ancora troppo bassi, solamente «37mila ogni anno di fronte a un immesso sul mercato pari a 220mila tonnellate. Il tasso di raccolta di queste apparecchiature — protesta Bonato — continua a essere tra i più bassi d’Europa: 1 chilo ogni 6 chili di apparecchi nuovi acquistati in Italia, contro una media di 1 chilo ogni 4 a livello europeo».

Secondo Alessandro Butali, presidente dell’associazione di settore Aires, ciò significherà «un notevole sforzo da parte della distribuzione tutta, che di fatto assume un ruolo nuovo, con tutte le conseguenze, anche logistiche, che questo comporta, ma siamo pronti e questa collaborazione con Remedia garantisce un prezioso supporto alle nostre imprese».

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