«Non c’è lusso senza artigianalità». Parola di Johann Rupert, fondatore, nel 1988, della Compagnie Financière Richemont, di cui oggi è presidente e che negli anni è diventato uno dei tre più importanti gruppi del lusso al mondo, costruendo un portafoglio marchi la cui gemma più brillante è Cartier. La maison ha una storia lunghissima (fu fondata a Parigi nel 1847), l’acquisizione da parte di Richemont risale agli anni Novanta e da allora Cartier non ha mai smesso di crescere nell’orologeria come nella gioielleria. Rispecchiando la filosofia di Rupert sul valore del fatto a mano, dei metiers d’art, del know-how artigianale trasmesso di generazione in generazione.
La maggior parte delle novità nella parte degli orologi verrà presentata al Salone de la Haute Horlogerie (Sihh), che si terrà a Ginevra in gennaio. Lo stand Cartier sarà come sempre il più grande e la maison presenterà decine di modelli da uomo e da donna. A oggi l’unica anticipazione riguarda un orologio-gioiello, il Panthère Joueuse, in oro bianco e diamanti a taglio brillante, ai quali si aggiungono i due smeraldi per gli occhi del felino.
La pantera è l’animale simbolo della maison: fece la sua comparsa nell’universo della gioielleria Cartier nel 1914. Louis Cartier, da vero precursore, fu il primo a dare tanta regalità e centralità nei gioielli a questo animale, che Jeanne Toussaint, la sua più stretta collaboratrice e poi direttrice della gioielleria di Parigi, avrebbe da allora in poi prediletto. La pantera ha ispirato – per oltre cento anni – un’intera collezione dai molteplici volti di bracciali, spille, orecchini, sautoir e orologi. Non stupisce quindi che nel 2012, per festeggiare i 165 anni della maison, venne prodotto Odyssée, un cortometraggio che in tre minuti e mezzo racconta la storia della maison Cartier. Protagonista del corto (visionabile all’indirizzo www.odyssee.cartier.com) è proprio la panthère, icona del marchio, ma anche simbolo di forza e libertà. Nel video in realtà è interpretata da tre pantere in carne ed ossa (Cali, Tiga e Damou) che cambiano di spezzone in spezzone.
A Ginevra non mancheranno le novità maschili, sulla scia del successo del modello Drive, presentato nel giugno scorso in anteprima mondiale a Firenze durante Pitti Uomo, in una location straordinaria, Palazzo Gondi, storico edificio del XV secolo nel cuore della città, davanti a Palazzo Vecchio. Il Drive de Cartier si ispira appunto alle automobili: ripete smussature, curve e profili della calandra e il quadrante a guilloche richiama il disegno di auto d’epoca , come anche il vetro bombato, il contatore a ore 6 e il profilo della corona, che ricorda un bullone.
Preparazione di Ginevra a parte, il 2016 è stato caratterizzato da altri eventi e progetti. In ottobre, dopo due anni di lavori, Cartier ha riaperto il flagship store di Ginza, a Tokyo: uno spazio di 1.000 metri quadrati inaugurato nel 2003, già ristrutturato nel 2007 e che si presenta oggi completamente rinnovato. Cartier fece il suo debutto nel mercato asiatico nel 1970 a Hong Kong, per poi aprire a Singapore nel 1973. La prima boutique di Ginza fu aperta nel 1991 e con quella del 2003 fece il suo debutto il design concept dell’interior designer Bruno Moinard, che ha curato anche la ristrutturazione più recente.
Appena un mese prima di Tokyo, nel settembre scorso, aveva riaperto la storica boutique newyorkese all’angolo tra la Fifth Avenue e la 52esima strada, a due passi da Central Park. Voluto nel 1912 dal nipote del fondatore della maison, il palazzo in stile neo rinascimentale che ospita il negozio torna a vivere dopo quattro anni di restauro. Per inaugurarlo al meglio è stato organizzato un party esclusivo, approfittando della concomitanza con la New York fashion week. Del 2016 è poi un’altra iniziativa, legata all’Italia: Cartier partecipa a Generazione bilingue, progetto curato da Ambasciata di Francia, Edison, Camera di commercio francese in Italia, Sodalitas e ufficio scolastico regionale della Lombardia, per avvicinare studenti Esabac (il doppio diploma italiano e francese) e aziende in Piemonte e Lombardia.
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