I tarantini hanno bisogno di chiudersi alle spalle gli anni del massimalismo velleitario, quello che voleva trasformare l’Ilva in un “bene comune”, un bene così “comune” fino a distruggere e mettere sul lastrico l’azienda, la città e il loro risanamento.
I cittadini hanno il diritto, finora negato loro, di avere la città risanata dopo mezzo secolo di attività industriali pesanti, e di avere il benessere dato dalla presenza di attività economiche.
Non si disinquina una fabbrica spenta. È nella letteratura ambientale di tutto il mondo. Tranne pochissimi casi miracolosi, la decontaminazione di una zona industriale funziona se funziona l’attività produttiva. Se l’Ilva chiuderà, non ci saranno i soldi né per il benessere dei cittadini né per risanare. Più poveri e più inquinati.
Se invece sapranno riprendere in mano il tema dell’ambiente, tema finora loro negato dalle ragioni della vecchia industria e dal massimalismo velleitario, i tarantini potrebbero puntare su quel pragmatismo tentato anni fa e subito azzoppato. I cittadini potrebbero conseguire finalmente l’obiettivo di avere una qualità migliore della vita: dal punto di vista del benessere, della salute e dell’ambiente.
Un primo test verrà dalle proposte su come usare i soldi (circa 1,2 miliardi) previsti dall’intesa tra la famiglia Riva e il Governo. Sarà il “test delle proposte”. Dalle proposte su come usare quei fondi i tarantini potranno capire chi vuole raggiungere davvero un obiettivo per il benessere economico, la salute e l’ambiente.
Quattro anni fa l’azienda Ilva (non ancora nazionalizzata) aveva proposto di mettere miliardi sul risanamento. Per esempio, era stato avviato il lavoro per chiudere sotto tettoie enormi i piazzali del carbone, in modo che nei giorni ventosi la polvere nera non ricadesse sui cittadini. Poi, appena aperti i cantieri, il disinquinamento venne ammanettato.
Il “test delle proposte” sarà il discrimine per capire.
Qualcuno proporrà di investire (investire, non spendere) quei soldi per rendere pulita e migliore la grande fabbrica. Per sbriciolare l’inquinamento adottando tecnologie di produzione più efficienti e più pulite. Proporrà di individuare le vere cause che fanno ammalare molti tarantini. Quale è la fonte dell’amianto diffuso per decenni in grande copia nell’aria di Taranto? Dove sono sepolte quantità importanti di diossine e altri composti pericolosi? Vi sono a Taranto depositi mal controllati di scorie nucleari?
Qualcuno invece, cui i soldi possono far gola, dirà indignato che quel finanziamento non basta, che finora non è stato fatto niente, che quei soldi sono un’elemosina per comprare la salute dei cittadini. Dirà indignato che bisogna spendere quelle risorse (non investire: spendere) per la bella aria e il bel mare di Taranto. Dirà indignato che il territorio è vocato per il turismo culturale e l’agricoltura di qualità.
Il “test delle proposte” farà capire ai tarantini di chi diffidare in modo semplice e di chi invece diffidare doppiamente.
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