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Ecco dove vanno a finire gli imballaggi industriali riciclati

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ambiente e industria

Ecco dove vanno a finire gli imballaggi industriali riciclati

(Marka)
(Marka)

I numeri infonderebbero entusiasmo anche nel pessimista più severo: tutti i dati del riciclo sono in crescita. Cresce la raccolta differenziata che i cittadini separano dai rifiuti, cresce la quantità di riciclo sviluppato privatamente dal settore industriale, cresce il ricorso alle materie prime rigenerate che vengono ricavate dagli scarti. Qualche numero: nel 2015 il 67% degli imballaggi usati è stato riciclato e 15 milioni di tonnellate di carta, vetro, plastica, legno e organico sono diventati 10,6 milioni di tonnellate di materie prime rigenerate.

Sono alcuni dei numeri contenuti nel rapporto «L’Italia del riciclo» realizzato dalle aziende aderenti alla Fise Unire, l’associazione delle imprese di riciclo, e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile.

Eppure, a dispetto di tanti risultati positivi per l’economia e per l’ambiente (è questa la green economy), anche il pessimista trova spazio per sfogare il suo umor nero: il settore del riutilizzo degli scarti trova mille ostacoli. Subisce gli attacchi di mille nemici.

QUANTITÀ DI RIFIUTI CONFERITI
Anno: 2014. Dati in tonnellate (Fonte: Rapporto “L'Italia del Riciclo 2016”)
DOVE VANNO A FINIRE GLI IMBALLAGGI
Quote percentuali rispetto alla quantità in tonnellate di materiale conferito (Fonte: Rapporto “L'Italia del Riciclo 2016”)

Per esempio, i comitati nimby e i politici di modesta entità insorgono quando negli impianti i combustibili di qualità pessima vengono sostituiti da materiali raffinatissimi ricavati dalla frazione più selezionata dei rifiuti. Contestazioni (e legioni di politici locali pronti a sfruttarle) si presentano per gli impianti che vogliono usare gli pneumatici usati oppure i tralci delle potature di vite oppure i combustibili selezionati Css in cementificio.

«Una vera circolarità delle risorse non è stata ancora pienamente realizzata», osserva Andrea Fluttero, presidente dell’Unire. «Le regole devono essere certe, chiare e stabili nel tempo;  servono la semplificazione complessiva del settore e la migliore definizione del sistema consortile, che deve diventare sempre più sussidiario al mercato; c’è il problema delle esportazioni e la necessità di sviluppare ricerca ed innovazione tecnologica».

Ed ecco Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile: «Le imprese italiane hanno ormai raggiunto il livello di eccellenza in Europa con il riciclo del 72% dei rifiuti speciali, ma lo stesso livello deve essere raggiunto anche nel riciclo dei rifiuti urbani (al 43%)».

Qualche dato dal rapporto Fise Unire. Nel 2015 il riciclo degli imballaggi ha registrato una crescita complessiva assai forte(+5% in termini assoluti) che conferma la capacità del settore, sia pure nell’attuale contesto di crisi economica, di intercettare e avviare a recupero quantitativi crescenti di rifiuti: 8,2 milioni di tonnellate, contro le 7,8 del 2014 e le 7,6 del 2013.

Tutte le filiere evidenziano indici in crescita, ad eccezione dell’alluminio, quello delle lattine, che vede diminuire le tonnellate raccolte (-1%) e riciclate (-4%). Si confermano le eccellenze nel tasso di riciclo di carta (80%), acciaio (73,4%), vetro (71%) e alluminio (70%), mentre registrano le percentuali di crescita più elevate i quantitativi avviati a recupero di plastica (+10%) e legno (+5%). Segnali positivi dal riciclo di pneumatici fuori uso e della frazione organica, in crescita del 5% rispetto al 2014. Da rafforzare il riciclo delle auto rottamate e delle apparecchiature elettriche ed elettroniche.

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