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Porti: Ravenna perde terreno a favore dei concorrenti Trieste e Venezia

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Porti: Ravenna perde terreno a favore dei concorrenti Trieste e Venezia

Il porto di Ravenna perde terreno rispetto a Trieste e Venezia, che riescono ad agganciare quote dei volumi di traffico che si stanno spostando dal Tirreno all'Alto Adriatico. Pur mantenendo la leadership nazionale nella movimentazione di rinfuse solide (il suo core business) è lo scalo che risente di più della crisi. I quasi 13 milioni di tonnellate del 2007 appaiono solo un ricordo, senza segnali significativi di una netta ripresa. Al contrario Trieste e Venezia hanno imboccato la strada della ricrescita. Con “Mareterra”, il convegno biennale organizzato da Legacoop Romagna sul porto ravennate (la prima “industria” della città), arrivano i numeri della ricerca commissionata all'esperto del settore Salvatore Melluso.
La crescita del 16% dei traffici nel primo semestre dell'anno non è accompagnata da un aumento dei ricavi e dei margini di reddività dei terminalisti e delle cooperative di servizio, tra facchinaggio, ormeggio, manutenzione, autotrasporto e progettazione. Queste ultime (una decina le coop legate a filo doppio all'attività del porto) risentono nell'ultimo anno di una flessione dei ricavi prossima al 5% e non riescono a recuperare i livelli occupazionali della fase pre-crisi. Oggi gli addetti sono poco più di duemila, la recessione ha drenato il 5% dei posti di lavoro. «Non parliamo di numeri decisivi – spiega Rudy Gatta, coordinatore dell'appuntamento biennale di Legacoop – ma i dati sono negativi». Il risultato è un effetto domino. «Alcuni terminalisti – aggiunge Gatta – scaricano i costi dell'arretramento sulle cooperative di facchinaggio, costrette a confrontarsi con la concorrenza sleale di chi non rispetta il contratto di lavoro». Sullo sfondo la competizione sempre più aggressiva dei porti dell'altra sponda, come Koper e Rijeka. Il mancato approfondimento dei fondali per aprire il porto romagnolo alle grandi navi resta il principale problema. E anche se la crescita di Venezia e Trieste sulle rinfuse solide, come osserva Daniele Rossi, presidente dell'Autorità Portuale, può essere «un naturale assestamento competitivo fra gli operatori, non possiamo nascondere che la minore capacità ricettiva determinata dalla riduzione dei fondali può aver avuto una incidenza sulla decisione delle compagnie di spostare altrove flussi di traffico». Sfumato il Progettone che era stato messo a punto dal precedente presidente dell'Autorità Portuale, Ravenna deve agganciare i finanziamenti per l'intervento sui fondali, con costi che si aggirano intorno ai 200 milioni di euro. Sessanta, di risorse statali, sono già pronti. All'appello mancano i 120 milioni che dovrebbero arrivare dalla Bei. «Ma l'istruttoria per la proroga del finanziamento è a buon punto», dice Rossi.

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