Crescita dei fatturati e dell’export, sostanziale tenuta di redditività e occupazione e - fatto quasi inedito - intensa collaborazione tra associazioni dei diversi comparti, fiere di settore e istituzioni locali e nazionali. È un quadro positivo quello che si può tracciare per il 2016 della filiera italiana del tessile-abbigliamento-moda. Qualche nube all’orizzonte però c’è: in dicembre si è arenata la difficile trattativa per il rinnovo del contratto nazionale, che riguarda oltre 420mila lavoratori ed è scaduto il 31 marzo 2016. In occasione di una manifestazione, il 21 dicembre, i sindacati hanno indetto uno sciopero generale di otto ore per il 13 gennaio. Inoltre, all’interno della lunga e frastagliata filiera del tessile-moda ci sono andamenti molto diversi: la parte a monte è in difficoltà e in molti casi i fatturati 2016 sono risultati in calo. Va meglio a valle, ma con situazioni differenti a seconda, soprattutto, delle dimensioni delle aziende. Sul fronte politico, sembra scampato il pericolo di interrompere il rafforzamento dei rapporti tra il sistema moda e le istituzioni avvenuto grazie all’impulso dato dal governo Renzi: sia il ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda, ideatore del Comitato per la moda, sia Ivan Scalfarotto, il sottosegretario del Mise scelto da Calenda come presidente del Comitato, sono stati confermati da Paolo Gentiloni.
Resta da vedere se il nuovo Governo e il nuovo premier mostreranno lo stesso interesse dell’Esecutivo Renzi per il tessile-moda, che rappresenta un volano per l’economia italiana (è il secondo comparto manifatturiero e ha una forte vocazione all’export) e un formidabile veicolo di promozione dell’immagine del nostro Paese all’estero. Il primo banco di prova sarà Pitti Uomo, la più importante fiera al mondo di abbigliamento e accessori maschili di fascia medio-alta e alta, che si tiene due volte all’anno a Firenze. La prossima edizione è prevista dal 10 al 13 gennaio e vedremo se verrà inaugurata dal premier o almeno da una delegazione di ministri, come è accaduto nel 2015 e 2016. Lo stesso vale per la settimana della moda femminile di Milano di febbraio, appuntamento clou per il sistema e con un rilievo internazionale unico. Ancora più importante quest’anno, perché per la prima volta, grazie al lavoro del Comitato per la moda, le sfilate si terranno in concomitanza di importanti fiere come Micam (calzature) e Mipel (pelletteria).
I dati più recenti di Sistema moda Italia (Smi), la federazione che rappresenta gli oltre 400mila addetti e quasi 50mila aziende del settore, parlano di un fatturato 2016 di 52 miliardi (+1,8%). Ma il presidente di Sistema moda Italia Claudio Marenzi ricorda che il consuntivo «nasconde forti differenze tra le aziende del valle (i marchi) e del monte, che devono essere aiutate ad abbracciare la rivoluzione digitale e le incognite globali». Il pensiero va naturalmente agli effetti della Brexit, alle mosse della nuova amministrazione americana guidata da Donald Trump e alle tensioni geopolitiche, finanziarie e valutarie da cui nessuna area del mondo sembra immune.
Dell’andamento 2016 e di alcune (timide) previsioni del 2017 si parla anche nell’ultimo report della serie Fashion economic trends (Fet) della Camera nazionale della moda italiana. In questo caso il fatturato del sistema moda “allargato” (accanto a tessile, abbigliamento, pelletteria e calzature vengono considerati cosmesi, gioielleria e occhialeria) è atteso in crescita dell’1,4% a 83,639 miliardi, con un export di 62 miliardi (+1,5% sul 2015). «Nel 2013 la cifra era di 74,4 miliardi: non c’è un altro settore dell’economia italiana che possa vantare crescite simili – sottolinea Carlo Capasa, presidente della Camera della moda -. Certo, c'è stato un rallentamento, ma l’Italia resta il primo Paese in Europa per valore lordo della produzione di moda, con il 41% del totale, seguita da Germania (11%), Spagna (10%), Francia (8%) e Regno Unito (7%). E Milano batte tutte le altre capitali della moda per numero di sfilate ed eventi durante le fashion week».
Un’altra sfida per il 2017 è legata a Industria 4.0, la rivoluzione alla quale il 1° dicembre è stata dedicata l’Assemblea annuale del Gruppo giovani imprenditori di Sistema moda Italia. Per Alessandra Guffanti, presidente del Gruppo giovani di Smi, Industria 4.0 «è un’ulteriore opportunità per tutta la filiera del tessile-moda italiano e rappresenta un nuovo driver per la crescita delle imprese e dei territori. Il nostro made in Italy dovrà essere sempre di più caratterizzato da un’attenzione costante a innovazione, sostenibilità e formazione delle risorse umane da un punto di vista di competenze e artigianalità». Secondo l’imprenditrice Industria 4.0 potrebbe rappresentare un «punto di forza per il settore» e connettere ulteriormente «i brand internazionali ai confezionisti italiani, che oggi rappresentano il 23% dell’intero sistema moda».
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