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Chimica, ripresa ma senza scatti

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il barometro dell’economia

Chimica, ripresa ma senza scatti

(Imagoeconomica)
(Imagoeconomica)

Le imprese chimiche italiane restano in attesa della ripresa robusta che qualche indicatore lasciava presagire. Ecco Cesare Puccioni, presidente di Federchimica: «Dopo un finale d’anno non brillante, confidiamo che l’inizio del 2017 possa offrire qualche spunto di crescita in più, anche se di poco superiore all’1%». A differenza di quanto si possa pensare, per il settore chimico il +1% non è una crescita perché per reggere la competizione mondiale le imprese devono innovare senza mai fermarsi, devono fare ricerca con tenacia, devono insistere in nuovi prodotti e nuovi cicli di produzione, devono tutelare l’ambiente e la sicurezza. E per fare ciò, per non perdere posizioni nel loro mondo internazionalizzato, serve una crescita più robusta e consolidata.

C’è però una nota positiva. Le imprese chimiche e farmaceutiche italiane resistono grazie all’intelligenza e all’esperienza di chi vi lavora. «In un contesto gravoso per le produzioni italiane, dovuto ai vincoli burocratici, al costo dell’energia e alla logistica, le nostre imprese confermano di saper fare bene chimica nel nostro Paese — conferma Puccioni — grazie a un mix di qualità: innovazione sempre più basata sulla ricerca e diffusa tra moltissime imprese, grande flessibilità e capacità di gestione dei processi produttivi, necessaria per far fronte a costi più elevati. Sono caratteristiche proprie anche di quelle che noi chiamiamo imprese italiane a capitale estero, che investono qui per continuare a produrre e fare attività innovativa in Italia».

I numeri

Nel mondo, rileva la nuova edizione del Panel congiunturale della Federchimica, il settore non va molto bene perché risente dello sviluppo non eccezionale dell’economia; in Europa il fenomeno è più sensibile, con una crescita dello 0,5% ha i sintomi della stagnazione. Nel 2016 il rallentamento della crescita globale unito alla debolezza degli scambi internazionali si è tradotto per la chimica mondiale in un anno di crescita inferiore al normale (poco sopra al 2%). Nel mondo forse il 2017 andrà un pochino meglio (+2,8%). La crescita cinese, seppur formidabile rispetto all’Italia, con il +6% si colloca in una specie di (pur invidiabile) stasi.

La stasi dell’Italia

In Italia si conferma verso la fine dell’anno il segnale di estrema debolezza della chimica. Un segnale di incertezza. In un contesto generale di forte incertezza e bassa crescita, la produzione chimica in Italia ha proseguito lungo un cammino di moderato recupero ancora caratterizzato da un andamento fortemente altalenante, connesso alla fiducia, alle aspettative e quindi alle modalità di acquisto dei settori clienti a valle.

Il segmento della chimica difatti rifornisce con i suoi prodotti e i suoi intermedi tutti i settori industriali e quindi è un anticipatore ottimo dei cicli industriali. È un termometro molto accurato della temperatura economica. E quando il domani è chiaro, le fabbriche riempiono il magazzino delle materie prime. Ma quando non ci sono certezze sul domani e sul dopodomani, quando non si riesce a presagire come andranno la produzione o i prezzi delle materie prime, allora le imprese aspettano a ordinare collanti, coloranti, vernici, intermedi, tensioattivi, surfattanti e tutto quell’armamentario chimico indispensabile alla produzione. Oggi, secondo gli analisti della Federchimica, siamo davanti a questa situazione di incertezza e gli ordinativi chimici partono solamente quando gli scaffali delle materie prime sono vuoti.

Le aziende chimiche però hanno una speranza. Nei prossimi mesi — questa la stima degli esperti — la domanda ripartirà perché l’industria a valle dovrà comunque riempire il magazzino delle materie prime, ma anche perché i prezzi del petrolio in ripresa si tradurranno nei prossimi mesi in rincari per i prodotti chimici e quindi molti clienti si affretteranno a comprare.

Prospettive in crescita

Nel corso del 2016 la domanda interna si è confermata in crescita: alla robusta performance dell’auto e componenti si affiancano settori a forte domanda chimica come farmaceutica, gomma-plastica e metallurgia. In ripresa anche il mobile e primi segnali di una fine dello stop nell’edilizia.

Le esportazioni chimiche crescono, rileva il Panel congiunturale Federchimica,ma crescono ancora in una logica di medio periodo. Le esportazioni sono andate bene non soltanto in Italia — Paese in cui le condizioni del mercato interno costringono a cercare sbocchi all'estero — ma in tutta Europa. Le multinazionali, “cuore” dell'industria chimica e farmaceutica nel mondo, ogni giorno confrontano le condizioni della produzione nei differenti Paesi e non si fanno remore di spostare le sedi produttive a seconda delle convenienze: ebbene, le imprese italiane a capitale estero continuano a esportare dall’Italia e insistono nel mantenere in Italia produzioni di valenza internazionale nonostante le difficoltà del Paese.

Se l’export della chimica italiana continua, significa che la crisi non è strutturale ma congiunturale. Significa che le imprese riescono a reggere la concorrenza nonostante le condizioni disastrate in cui lavorano, nonostante i costi dell’energia, a dispetto delle leggi contraddittorie, nonostante le incertezze continue, anche se attraverso i tempi di pagamento le aziende fornitrici coprono le sofferenze bancarie dei clienti a valle.

Dopo la Spagna, quella italiana è la migliore performance tra quelle dei principali competitor europei. In particolare, l’export di chimica delle specialità continua a crescere a tassi robusti, anche a valori (+5,2% dopo essere cresciuta del 34,3% nel periodo 2007-2015).

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