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Dossier Il Lazio vede l’uscita dal tunnel

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    Dossier | N. 13 articoliIl barometro dell’economia

    Il Lazio vede l’uscita dal tunnel

    (Ansa)
    (Ansa)

    La marcia è ripresa. Lenta e in salita. Trainata da servizi, automotive e meccanica. Salvo sorprese il 2017 dovrebbe riportare il segno più all’economia del Lazio, ancora molto provata dalla crisi. Tra le buone notizie la lieve ripresa dell’occupazione nel 2016 soprattutto tra i più giovani, nei servizi e nell’agricoltura. Mentre l’occupazione si riduce nell’edilizia e nell’industria. Con eccezione per l’automotive, in particolare per lo stabilimento Fca di Cassino dove è ripartita a pieno ritmo la produzione con effetti positivi su occupazione e indotto.

    Il miglioramento dell’economia regionale è certificato anche dall’analisi della Banca d’Italia diffusa a metà novembre scorso «in base alle informazioni raccolte presso le imprese potrebbe proseguire nei prossimi mesi» sottolineano gli economisti di Palazzo Koch.

    Sul fronte lavoro, la crescita dell’occupazione nei primi sei mesi del 2016 ha interessato principalmente i giovani tra i 15 e i 34 anni, mentre il numero degli addetti oltre i 55 anni è rimasto invariato. «L’aumento - spiega il rapporto di Banca d’Italia - ha coinvolto in uguale misura sia l’occupazione maschile che femminile». La Banca d’Italia ha registrato anche una «leggera flessione» delle ore di Cassa integrazione. Ma l’emergenza lavoro resta poiché la regione rimane lontano dai livelli occupazionali pre-crisi.

    Complessivamente però nell’industria del Lazio si è rafforzata la fase espansiva sostenuta in particolare dalle aziende metalmeccaniche e da quelle orientate verso i mercati esteri che vedono fatturato e redditività in miglioramento. Sono le grandi imprese a trainare la ripresa, mentre per quelle medio piccole la prospettiva resta più complessa. Nota dolente gli investimenti che hanno risentito dell’ampia capacità produttiva inutilizzata e della debolezza delle prospettive di domanda, legate anche alle tensioni geopolitiche.

    LE LANCETTE DELL’ECONOMIA
    La dinamica dell'export nelle principali aree geografiche e settori. Indici media 2008=100. (*) dato previsivo rilevato nelle interviste di settembre-ottobre 2016 Fonte: Banca d'Italia)

    Le esportazioni regionali hanno registrato invece nei primi sei mesi dell’anno una frenata dopo la forte crescita del 2015 (+13%) favorita dagli interventi straordinari nella logistica di grandi imprese farmaceutiche. Al netto della farmaceutica però, l’export regionale è cresciuto grazie al contributo delle aziende meccaniche e dei trasporti. In particolare all’aumento della produzione nello stabilimento Fca di Cassino (Frosinone). Ripresa arrivata con la Giulia e lo Stelvio, le due vetture Alfa Romeo in produzione insieme alla Giulietta. Uno stabilimento che ha iniziato la produzione nel 1972 e occupa oggi 4.300 dipendenti e una capacità produttiva a regime da mille vetture al giorno. Oltre 460 i fornitori e un indotto importante che dà ossigeno all’economia del territorio. Si consideri che ogni unità produttiva ne genera due nell’indotto. «Con Giulia e Stelvio a pieno regime prevediamo di inserire altre 1.800 persone nel 2018» aveva annunciato Alfredo Altavilla, numero uno di Fiat Chrysler in Europa in occasione dell’assemblea Anfia che si è svolta proprio a Cassino lo scorso novembre. Di questi già 1.200 saranno assunti nel primo semestre del 2017.

    «Il programma Fca che si sta portando avanti è serio, sta rispettando le attese e riporta la produzione ai livelli che competono al nostro Paese» conferma Maurizio Stirpe, industriale di Frosinone, vice presidente di Confindustria ed ex presidente di Unindustria Lazio. Importante anche il contributo all’export regionale. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel III trimestre dell’anno le vendite estere del Lazio, (pari a 4,6 miliardi di euro), hanno fatto registrare un lievissimo calo tendenziale (-0,1%). Il principale destinatario delle merci laziali è l’Ue a 28 con il 66,3%. Quanto all’incidenza delle esportazioni dei singoli settori sul totale regionale, i prodotti più rilevanti risultano: farmaceutici e bio-medicali (37,3%), mezzi di trasporto (13,1%), chimici (9,6%) e i metalli (7,3%).

    In base all’indagine condotta dalla Banca d’Italia in ottobre, su un campione di imprese regionali dell’industria con almeno 20 addetti, nei primi nove mesi del 2016 il saldo positivo tra la quota di aziende che ha registrato una crescita del fatturato e quella che ha registrato una diminuzione è aumentato rispetto allo stesso saldo riferito al complesso del 2015. Nel corso del 2016 è proseguita l’espansione dell’attività produttiva nel comparto dei servizi, che si è accompagnata a un rallentamento delle presenze turistiche e a un miglioramento dei trasporti. Rimane contenuta la propensione a investire, sebbene negli ultimi mesi siano emersi alcuni segnali positivi.

    A ottobre infatti il numero di aziende che ha rivisto al rialzo i piani di investimento effettuati ha superato il numero di quelle che li ha rivisti al ribasso. In base alle indicazioni fornite dalle imprese, la dinamica degli investimenti dovrebbe rafforzarsi nel corso del 2017: circa il 40 per cento delle aziende prevede un aumento degli investimenti programmati contro un 10 per cento che intende ridurli. «Il 2017 prevede uno scenario di crescita non significativa, ma positiva» conferma Filippo Tortoriello presidente di Unindustria Lazio. Un dato importante dopo anni di crisi. «Il mondo dell’impresa deve essere da stimolo alla politica e noi lo saremo con progettazione reale, proposte concrete» rilancia il presidente degli industriali. Sullo sfondo il degrado di Roma, la paralisi dell’amministrazione comunale. «Serve – chiarisce Tortoriello – una visione che coinvolga le forze sul territorio, dalle Università, ai centri ricerca, alle imprese medio-piccole dei diversi settori su un progetto ambizioso che ridisegni il futuro della Regione e di Roma Capitale». Per le aziende la sfida si giocherà su due binari principali: internazionalizzazione e industria 4.0. «Quest’ultima in particolare, per le aziende un vero stimolo a crescere a prendere coscienza che le opportunità dipendono dalla volontà dell’imprenditore». Nota dolente resta il settore delle costruzioni dal quale tuttavia emergono segnali di miglioramento congiunturale, seppure ancora deboli. Piccoli segnali che non riescono tuttavia ad arginare la vera emergenza che è il lavoro.

    Il dato positivo sugli occupati non tranquillizza i sindacati: «Purtroppo – spiega Michele Azzola segretario regionale della Cgil – si tratta di posti con basso valore aggiunto registrati perlopiù nei servizi il che significa più camerieri, più commessi nella grande distribuzione». Insomma un incremento di lavoro povero che non ridà fiato a consumi e crescita. «Dal 2008 ad oggi - dice Azzola - si sono persi quasi la metà dei posti nel settore delle costruzioni, complessivamente nella regione si è registrato un crollo dell’attività produttiva che difficilmente sarà recuperata, nel 2017 ci sono in regione almeno 3mila lavoratori che usciranno da mobilità e Cig, l’emergenza continua per la fine degli ammortizzatori sociali».

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