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Dossier Veneto, l’export non brilla ma resta il punto di forza

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    Dossier | N. 13 articoliIl barometro dell’economia

    Veneto, l’export non brilla ma resta il punto di forza

    (Imagoeconomica)
    (Imagoeconomica)

    A fine dicembre, a Treviso, i dati 2016 dell’economia provinciale sono stati presentati alla Camera di Commercio in una giornata dal titolo emblematico: “Convivere con una crescita debole”. «Stiamo imparando a confrontarci con un ciclo economico tecnicamente in debole espansione, cioè con il segno più, ma a crescita pressoché piatta, sotto la quale restano andamenti settoriali opposti. Non è più recessione, ma non è neppure ripresa – spiega Federico Callegari, presidente del Comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio economico -.

    Rallenta peraltro l’export, a causa di scenari internazionali più complicati. Ed è già tanto che il bilancio occupazionale si mantenga in area positiva, pur cessando gli effetti della decontribuzione. La discontinuità generata da una crisi durata ben otto anni è ancora fonte di incertezza e variabilità. Aspetti con cui dovremo convivere ancora per diverso tempo».

    Una descrizione che ben si adatta al succedersi di accelerazioni e frenate, cadute e risalite che ha caratterizzato l’economia regionale. Secondo il Rapporto Veneto Internazionale di Unioncamere, dopo l’assestamento del 2015 (+5,3%), nei primi nove mesi del 2016 le esportazioni venete sono rimaste pressoché stabili (+0,7% su base annua). La crescita piatta dell’export nel primo semestre dell’anno (+0,2%) si è rafforzata nei mesi estivi con una dinamica tendenziale positiva (+1,9%) grazie principalmente al recupero degli scambi verso alcuni mercati quali America settentrionale (+2,8% rispetto all’anno precedente) e Asia centrale (+9,5%) e per alcuni settori strategici, come occhialeria (+4,9%), alimentari (+4,1%) e bevande (+9,2%). Nel 2015 in Veneto gli operatori che hanno realizzato almeno una transazione commerciale con l’estero hanno raggiunto quota 28.903 (+3,9%), erano 27.832 nel 2014. Anche il valore medio esportato per operatore cresce: +1,4%, un dato riferito prevalentemente ai grandi operatori, strutturati e orientati strategicamente verso i mercati esteri. In generale la propensione all’export dell’economia regionale negli ultimi 5 anni è passata dal 37,5% del 2010 al 42,7% del 2015 (media Nord-Est 39,9%, Italia 28,2%), e questo dà al Veneto il primato tra le principali regioni export-oriented.

    «Pur non brillando, la domanda estera resta la componente principale della crescita del Pil regionale – commenta Giuseppe Fedalto, presidente di Unioncamere Veneto –. Per questo è urgente ripensare strategie e politiche di sviluppo finalizzate non solo a promuovere una più incisiva presenza nelle reti globali della produzione e della conoscenza, ma anche a favorire l’attrazione di nuovi capitali dall’estero». Se i numeri continuano a suggerire prudenza nelle aspettative, ci sono comunque notevoli differenze all’interno dello stesso territorio regionale (e fra settori e aziende), e punte di eccellenza: la provincia di Padova, ad esempio, che guida questa sorta di risalita economica “a corrente alternata”. Qui, nei primi nove mesi del 2016, la produzione ha segnato su base annua +3%, contro una media regionale del 2,4%, e la componente estera ha avuto il ruolo di propellente: nello stesso periodo l’export ha messo a segno la migliore performance di sempre, un +4,9% che distacca ampiamente Veneto (+0,7) e Italia (+0,4). Si tratta di circa 6,8 miliardi di commesse solo fra gennaio e settembre, con un balzo in avanti dei mercati extra Ue, uno scatto a doppia cifra di Stati Uniti (terzo Paese di importazione del made in Padova, +17%) e Cina, un segno positivo ritrovato per la Russia. «Dagli indicatori congiunturali emerge un tessuto imprenditoriale forte, capace di resistere ad anni di crisi e di reagire agli stock esterni – dice Massimo Finco, alla guida di Confindustria Padova -. Una industria reattiva sui mercati grazie ad anni di investimenti, qualità e personalizzazione del prodotto e del servizio. Una vitalità da sostenere e consolidare con adeguati strumenti».

    Anche Verona, nell’ultima indagine relativa al terzo trimestre 2016, ha confermato un trend positivo che dura da 13 periodi: la produzione segna +0,64%, con un utilizzo di capacità produttiva normale o soddisfacente per sette imprenditori su 10, una frenata delle vendite interne e un rafforzamento di quelle extra Ue (+3,15%, stabili quelle Ue a +1,33%). Per Alessandro Fedrigoni, vicepresidente del centro studi di Confindustria Verona, «il 57% degli intervistati prevede una crescita dei propri rapporti commerciali. Tra i Paesi su cui puntare, oltre a Germania e Usa, spiccano Asia e Sud-Est asiatico». Il filo conduttore per il 2017 è la sfida dell’industria 4.0, ma anche il consolidamento dei tradizionali punti di forza come welfare aziendale (da poco è stato firmato il primo accordo per oltre 174mila addetti di 50 mila aziende artigiane) e sensibilità sociale. Secondo i dati di Fondazione Nordest, solo a Padova il 51,1% delle imprese industriali ha investito in questo senso negli ultimi tre anni; la metà ha operato per migliorare clima interno e ambiente di lavoro, il 12,3% ha promosso attività per la comunità locale.

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