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Ecco perché per l’Italia sarebbe vitale un’alleanza con…

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L'Analisi|capitale umano

Ecco perché per l’Italia sarebbe vitale un’alleanza con Israele. Nell’hi-tech

Con un Gdp che cresce intorno al 2%, allo stesso tasso delle economie in via di sviluppo, un indice di disoccupazione inferiore al 4%, un settore delle costruzioni cresciuto di oltre il 100% negli ultimi 10 anni, un debito pubblico in continua diminuzione e un export in crescita, Israele continua il suo percorso di sviluppo. Dietro a questi numeri ci stanno alcuni fattori che includono indubbiamente il capitale umano (quasi il 50% della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha avuto una formazione universitaria), un sistema universitario eccellente, una forte collaborazione università-impresa e un sistema di venture capital molto sviluppato.

È un paese che non sembra rallentare la sua corsa, che anzi accelera, consolidando il modello descritto nel best seller Start-Up Nations da Senor e Singer nel 2009. Le 73 quotate al Nasdaq, i centri di ricerca e sviluppo di oltre 300 società internazionali e le 5.000 startup fanno di Israele il luogo con la maggior concentrazione di imprese high tech al di fuori della Silicon Valley. Israele ha anche assunto una posizione di leadership nel settore della cyber security, con 430 cyber security imprese e startup; nel 2015 ha attratto quasi il 20% degli investimenti privati in questo settore, collocandosi dietro solo agli Stati Uniti.

Il caso della cyber security peraltro è interessante perché rappresenta il frutto di una scelta politica molto precisa; nel 2002 il Governo ha creato l’Autorità Nazionale per la Sicurezza dell’Informazione, alla quale hanno fatto seguito il National Cyber Bureau e l’Autorità Nazionale per la Cyber Difesa. Nel corso degli anni, il Paese è divenuto ancora più dipendente dalla tecnologia e dalle attività nel cyber spazio, con la conseguente necessità di assicurare un più elevato livello di sicurezza. Le linee guida approvate dal governo non riguardano solo le strategie per difendere le infrastrutture e i servizi critici, ma anche le imprese e la società civile. Questo programma ha portato allo sviluppo di competenze e alla nascita di imprese, con lo sviluppo di un settore di crescente rilevanza per l’economia del paese.

Un altro aspetto che colpisce è la convinzione con cui il concetto di Triple Helix rappresenti un riferimento per tutti gli attori di università, industria e governo, creando un ecosistema fortemente coeso, come dimostrano i risultati nel campo dell’innovazione nella robotica e del biomedicale.

Esiste un’altra faccia di Israele che va considerata per comprendere il paese: alla popolazione giovane e dinamica che domina le nuove tecnologie si aggiungono altri gruppi, tra cui il più importante è quello degli ebrei ultraortodossi. Questo gruppo rappresenta poco più del 10% della popolazione, ma ha un tasso di crescita molto elevato (6,7 figli per donna contro i 3 della media nazionale) ed è molto rilevante perché consente alla popolazione ebraica di mantenere i rapporti di forza con la componente araba (anch’essa con un tasso di crescita demografica elevato). Entrambi questi gruppi sono la parte più povera di Israele; nel caso degli ultraortodossi, i maschi a partire dai 13 anni concentrano i propri studi sulle sacre scritture, mentre le donne proseguono negli studi non religiosi, ma hanno minori opportunità professionali in relazione al numero di figli. Gli ebrei non ortodossi hanno tassi di occupazione altissimi (oltre l’80%), ma gli uomini ultraortodossi si attestano intorno al 50% e le donne arabe intorno al 30%.

Con questo trend demografico, gli ultraortodossi tenderanno ad assumere più potere, ponendo ai governanti il problema di come conciliare due visioni del mondo così differenti.

Comunque, per ora, Israele sembra cavalcare l’onda innovativa che viene dalle nuove tecnologie, concentrandosi sulla produzione di conoscenza, senza avventurarsi nel campo della manifattura dove altri paesi occidentali hanno una posizione di forza. Questo aspetto crea eccezionali condizioni di complementarietà, come sottolinea spesso l’Ambasciatore Talò che negli ultimi 4 anni ha lavorato intensamente con governo, imprese e università per costruire ponti tra i due paesi. Ad esempio, a settembre, grazie all’impegno dell’Ambasciata, gli organizzatori di Cybertech (una delle principali manifestazioni del settore) hanno deciso di svolgere l’edizione 2016 a Roma, portandola per la prima volta in Europa. Anche nel campo delle tecnologie idriche, dove Israele è al primo posto al mondo nella desalinizzazione e nel riutilizzo delle acque reflue (trattate per oltre l’80%), sono stati avviati contatti che potrebbero portare a progetti comuni. L’Italia, con grandi problemi soprattutto al Sud, potrebbe avere grandi vantaggi da una partnership con gli israeliani, estensibile anche ad altri paesi ad esempio in Africa. Anche nel campo della robotica, Israele possiede le tecnologie, mentre l’Italia ha le strutture industriali e l’accesso ai mercati.

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