Economia

«Smart city e reti con le università per le imprese marchigiane»

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il futuro delle marche - intervista

«Smart city e reti con le università per le imprese marchigiane»

Flavio Corradini (Imagoeconomica)
Flavio Corradini (Imagoeconomica)

«Essere piccolo, come la stragrande maggioranza delle imprese marchigiane, non è un difetto ma una caratteristica che ha consentito di ottenere grandi soddisfazioni, dentro e fuori i confini nazionali. Questo abbiamo: buttiamo tutto all’aria?». La piccola dimensione, dunque, non è una criticità per Flavio Corradini, rettore dell’università di Camerino, secondo il quale «il sistema deve piuttosto prendere coscienza di quella che dev’essere la propria vocazione, valorizzando i punti di forza attraverso lo sviluppo di comunità intelligenti», strategia obbligata dopo il terremoto, che ha seminato distruzioni in un terzo delle regione e ha costretto l’intero sistema universitario camerte a rivedere completamente la sua logistica.

Sta indicando un cambio di passo molto deciso…
«Penso a una spinta forte verso le smart city, ma anche un’industria che sia capace di concentrarsi su prodotti innovativi e di fare finalmente rete anche con il sistema delle università dei centri di ricerca, con gli imprenditori in grado di dialogare tra loro, non solo nell’ambito della propria filiera, senza entrare fra loro in una competizione esasperata».

Il LabTec di Unicam, ad esempio, va in questa direzione: un progetto che però non decolla.
«C’è un patrimonio di strumentazioni innovative che va da Fabriano a Civitanova fino a Camerino, custodito all’interno di decine di aziende racchiuse in poche decine di chilometri: è un laboratorio diffuso, con personale altamente specializzato, un’operazione a costo zero. Ci hanno chiamato dall’Emilia Romagna per chiederci informazioni sul modello organizzativo, che invece nelle Marche ancora non funziona perché non siamo ancora preparati a questa rivoluzione culturale».

Questo significa che sul fronte dell’industria 4.0 le Marche sono ancora molto indietro?
«La filiera della ricerca sta spingendo molto in questa direzione, ma l’imprenditore marchigiano si pone con molta prudenza di fronte a ogni tipo di innovazione: sta a guardare e solo quando acquisisce fiducia va avanti con determinazione. Il compito dell’alta formazione e dei centri di ricerca è, dunque, anche quello di fidelizzare gli interlocutori. E’ una partita lenta, che fatica a decollare: c’è ancora molto da fare ma, sul fronte della revisione dei processi industriali, abbiamo molto da far vedere».

Sta ipotizzando una sorta di “via marchigiana” verso questa rivoluzione industriale?
«Trovo tantissime aziende e centinaia di artigiani creativi marchigiani che fanno richiesta di innovazione. Il compito di noi tecnici è di rispettare la loro prudenza, lo spirito critico. Dobbiamo parlare con un linguaggio comprensibile ed essere pronti ad accogliere i loro emendamenti, perché ogni imprenditore ha una conoscenza molto forte della propria azienda e di cosa e come produce».


Intorno all’industria 4.0 si sviluppa anche il grande tema dell’occupazione giovanile, che anche nelle Marche ha valori molto bassi.
«La buona notizia è che le lauree scientifiche non preoccupano più né gli studenti né le loro famiglie. Come Unicam siamo un serbatoio per le imprese marchigiane e non solo: ci chiedono matematici, geologi, biologi. Sono le nuove professioni che vanno incontro al 4.0. Un imprenditore mi ha appena chiesto i curricula di neo laureati in informatica per dar loro un lavoro: ne ho inoltrati venti, ma se ne avessi avuti 40 li avrebbe assunti tutti. Peccato, gli ho detto: non li ho».

Perché li ha chiesti proprio all’Università di Camerino?
«Il nostro percorso di studi non trasforma lo studente in tecnologo. Sono convinto, al contrario, che sia più importante far crescere ragazze e ragazzi flessibili, allenati al problem solving, alla soluzione di tematiche complesse. I nostri studenti svolgono anche attività diverse da quelle tipiche dei corsi universitari, ma che hanno un impatto straordinariamente utile sulla propria vita».

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