La sostenibilità economica, sociale e ambientale sta generando valore tangibile nelle migliori aziende al mondo - anche medie e piccole imprese - ed è al centro delle attenzioni del normatore, come dimostra la recente entrata in vigore (con il decreto legislativo 254/2016) della direttiva Ue 2014/95 sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario. «La norma - spiega PierMario Barzaghi, partner Kpmg Advisory - si applica agli enti di interesse pubblico, quindi le quotate (ma non solo), oltre 500 dipendenti (nel loro gruppo di appartenenza), che fatturino almeno 40 milioni o con uno stato patrimoniale oltre 20 milioni: quindi ad esempio anche tutte le banche e le assicurazioni nei limiti dimensionali circoscritti e le società di gestione del risparmio e intermediazione mobiliare. Sono anche previste sanzioni (fino al penale) in caso di inottemperanza all’obbligo o di false dichiarazioni e ampi poteri Consob anche in chiave preventiva. Ma tutte le imprese possono aderire volontariamente alla normativa (e farebbero bene a farlo) per mostrare il loro impegno etico, sociale e ambientale».
Non a caso, il mondo della finanza sta attribuendo sempre più valore alla sostenibilità. Il London Stock exchange group (Lseg, il gruppo borsistico di cui fa parte Borsa italiana) ha appena pubblicato le nuove indicazioni per l’Esg reporting. «Si tratta di linee guida volontarie, ma per la prima volta vediamo dei regolatori adottare le raccomandazioni internazionali della Task force on climate-related financial disclosures - spiega Mardi McBrien, Managing director del Climate disclosure standards board -. Il Lseg sottolinea l’importanza crescente dei valori Esg al momento di fare scelte di investimento».
Ma che cosa si intende per Esg? La “E” sta per environmental e riguarda l’impegno ambientale (energie rinnovabili, efficienza energetica, riciclo e lotta agli sprechi, in primis). La “S” sta per social: come le imprese trattano i loro stakeholder (portatori d’interesse) interni ed esterni (dai dipendenti ai fornitori, dagli investitori ai clienti). Come si misura? Si analizzano le strategie sul welfare privato (i benefit per i collaboratori, soprattutto), sull’importanza del rispetto della legalità e della lotta contro la corruzione. La “G” sta per governance: importante, perché solo il buon governo dell’impresa garantisce la minimizzazione dei rischi gestionali e reputazionali e la massimizzazione del ritorno nel medio e lungo termine.
Secondo l’Onu, la Ue, i principali economisti e le banche centrali la sostenibilità non è più una nicchia tra la filantropia e l’ambientalismo. Lo ha certificato la banca d’affari Goldman Sachs, secondo cui la Esg è il nuovo traguardo dell’economia mondiale e sta generando investimenti per 59mila miliardi di dollari. Per la Global sustainable investment association (Gsia), gli investimenti mondiali in società reputate sostenibili dal mercato sono passati dai 13.300 miliardi di dollari del 2012 ai 21.400 del 2014.
«Ora più che mai il sociale, la difesa dell’ambiente, il rispetto delle regole e il buon governo rappresentano asset tangibili di un’azienda, che generano valore economico oltre che sociale e indicano una maggiore sostenibilità finanziaria sul lungo periodo; non si tratta di costruire castelli di carte che attestino virtù presunte, ma di costruire valore vero, che il mercato riconosca - ha spiegato Livia Gasperi, Head of listed companies supervision di Borsa italiana al convegno “Smart boards” di Valore D e In the boardroom -. Sempre più spesso vediamo fondi interessati a quote di partecipazione in imprese italiane che si informano sui parametri Esg».
Ecco perché gli investor relations manager - che curano le relazioni delle società quotate con il mercato - stanno studiando come comunicare i valori Esg agli analisti finanziari. «Al tema, appena dopo il recepimento italiano della direttiva sulle non financial information, abbiamo dedicato un incontro di approfondimento», racconta la presidente dell’Air (l’associazione italiana di categoria), Elisabetta Cugnasca, Group head of investor relations di Autogrill.
All’estero il tema è caldo anche per il movimento in atto di “divesting” (disinvestimento) dai titoli azionari legati ai combustibili fossili. Una strategia varata da diversi fondi internazionali, soprattutto dopo l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Su chi orientare gli investimenti in uscita dal petrolio e dal carbone? Su società più green, dicono gli analisti Esg o Sri (Socially responsible investing), meglio se inserite in indici affidabili come il Dow Jones Sustainability index o il FTSE4Good. Anche perché la minaccia del cambiamento climatico in atto non può più essere ignorata e le multinazionali fanno a gara a chi appare più sostenibile.
Questi temi sono importanti non solo per chi opera sul mercato dei capitali. Anche i fornitori di multinazionali nell’elenco Global compact Onu di solito devono applicarne i 10 principi, relativi a diritti umani, standard lavorativi, tutela dell’ambiente e lotta alla corruzione. In generale, le multinazionali stanno chiedendo ai fornitori di aderire ai loro codici etici e di fornire i dati per tracciare l’impronta ecologica dei prodotti finiti. È il caso del fornitore di pelli pregiate delle auto premium tedesche Dani, che nella svolta sostenibile ha persino cambiato nome in Dani Sustainable leather. Se anche una conceria di Arzignano (Vicenza) ha imparato che cosa significa Esg e come trarne un vantaggio competitivo, vuol dire che nessuna azienda globale italiana può ritenersi esente da questi temi. E che il semplice bilancio sociale o di sostenibilità è il primo passo, ma non il traguardo finale di un’impresa all’avanguardia.
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