C’è anche un altoforno (anzi, l’altoforno) tra gli impianti messi in vendita da Aferpi in queste settimane, nell’ambito del piano di liberazione delle aree dell’ex area a caldo della ex Lucchini. Un intero altoforno, oltre a quattro colate continue, nastri di vario genere, batterie, estrattori di gas, diversi carriponti e lance ossigeno, aspiratori di fumi e altre attrezzature. La società (controllata dal gruppo algerino Cevital attraverso la holding Cevitaly), che ha rilevato due anni fa gli asset della Lucchini in amministrazione straordinaria, ha costruito e messo on line, in questi giorni, un’apposita piattaforma online per la vendita di tutti gli impianti, dei materiali di consumo e della ricambistica del sito di Piombino.
La liberazione delle aree ancora occupate dagli impianti di fabbricazione coke, ghisa e acciaio è prevista dal piano industriale di Aferpi, nel solco più ampio dell’accordo di programma per Piombino. Nella piattaforma sono catalogate tutte le schede tecniche (circa una sessantina), corredate da foto di dettaglio e da informazioni di contatto. Aferpi assicura che tutte le strutture metalliche non riutilizzabili verranno smontate o demolite, mentre tutti i materiali che saranno classificati come rifiuto saranno trattati e smaltiti da aziende specializzate e certificate.
La controllata Piombino logistics si occuperà inoltre dell’imballaggio, del carico e spedizione di ogni articolo richiesto; su richiesta del cliente potrà essere garantito anche il supporto di squadre di tecnici specializzati per il montaggio degli impianti, la messa i funzione e l’avviamento degli stessi. A poco più di una settimana dal varo del portale, comunicano da Aferpi, il sito ha avuto «più di un migliaio di visualizzazioni da tutto il mondo e numerose richieste di contatto per approfondimento e sopralluogo tecnico».
Non è dato sapere quante persone hanno manifestato interesse per lo storico altoforno (con una capacità di oltre 2 milioni di tonnellate annue), giunto a fine campagna e spento nella primavera di tre anni fa dal commissario Piero Nardi, con una decisione osteggiata da gran parte del sindacato - persino Papa Francesco aveva lanciato un appello pubblico il giorno prima dello spegnimento - che chiedeva la possibilità di ulteriori proroghe per l’attività dell’area a caldo. Attività di produzione di acciaio che oggi attende ancora di essere rilanciata con l’avvio di un forno elettrico, come previsto dai piani di Issad Rebrab, presidente di Cevital, che in questi mesi ha riassunto tutti gli addetti precedentemente in carico alla procedura. I vertici hanno recentemente confermato la volontà di tornare a produrre acciaio. La società deve però, nel frattempo, fare i conti con problemi di altra natura, quali il finanziamento del circolante a sostegno dell’attività di laminazione.
A Piombino c’è preoccupazione: a febbraio i lavoratori hanno scioperato e manifestato in piazza in due diverse occasioni. All’inizio dell’anno il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha messo Rebrab alle strette, chiedendo impegni precisi e un piano industriale aggiornato. I vertici di Aferpi e Cevitaly sono attesi il 5 marzo a Roma per chiarire ogni dubbio sulle capacità di rilancio e fornire garanzie adeguate: proprio ieri l’amministratore delegato di Cevitaly, Said Benikene, ha partecipato a una riunione tecnica al Mise, in preparazione del «redde rationem» della settimana prossima.
© Riproduzione riservata