Il prossimo appuntamento è a settembre: tre giorni di festa a Palermo dedicata alla Tunisia. Obiettivo: rafforzare i rapporti economici e culturali tra le due aree del Mediterraneo. Sarà la terza tappa di un percorso che è stato avviato a gennaio con la visita di una delegazione di imprenditori tunisini in Sicilia interessati, in particolare, ai settori del turismo e dell'agroalimentare. La seconda tappa si è chiusa giusto l’altro ieri con gli incontri tra imprenditori siciliani e tunisini ad Hammamet.
Un viaggio, organizzato dai tunisini, per puntellare e rafforzare quella strategia di scambi già avviata, cui ha partecipato anche il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta il quale ha incontrato il capo del governo tunisino Youssef Chahed, il ministro per lo Sviluppo, gli investimenti e la cooperazione internazionale, Fadhel Abdelkefi, il presidente del Parlamento Mohamed Ennaceur con cui, in particolare, ha avviato un percorso di scambi culturali dando la disponibilità a organizzare in Tunisia un concerto dell'Orchestra sinfonica siciliana. Ma Crocetta ha anche incontrato il presidente dell’Utica (la Confindustria tunisina), Wided Bouchamaoui che, per parte sua, ha dato la disponibilità dell’associazione a sostenere gli investimenti delle imprese siciliane da quelle parti. Una strategia di internazionalizzazione che Crocetta persegue con interesse e non solo per il suo amore per la Tunisia, Paese in cui ha soggiornato parecchie volte. «Il Mediterraneo è una mare che deve unire – dice Crocetta – . Siamo stati per millenni la cerniera tra popoli e religioni e questa è la nostra vocazione. Nel corso di questa missione abbiamo verificato di come esista un percorso di reciprocità con la possibilità concreta di investimenti tunisini nella nostra regione e, al tempo stesso, di interessi imprenditoriali dei nostri manager nei paesi del Nord Africa».
Quello istituzionale, rintracciabile nei colloqui del governatore siciliano con i vertici della Tunisia, è solo un aspetto dei tanti che è possibile riscontrare in questo rinnovato scambio tra la Sicilia e il Paese della sponda Sud del Mediterraneo il cui regista è Sami Ben-Andelaali, cittadino italo-tunisino, da pochi giorni nominato da Crocetta al vertice dell’Ircac, l’Istituto regionale per il credito alle cooperative.
Di sicuro, per esempio, nel gioco delle relazioni tra le aree delle due sponde del Mediterraneo è possibile cogliere alcuni segnali sul percorso che una parte della nuova Tunisia intende seguire di cui il rinnovato interesse degli imprenditori tunisini per la Sicilia è solo una faccia della medaglia. Per avere chiaro il quadro bisogna andare a Tunisi, in Avenue Mohammed V, una delle vie più importanti della capitale tunisina dove si trova il quartiere generale di Mohsen Marzouk, ex stretto collaboratore dell’attuale presidente della Repubblica e oggi leader del partito “Il progetto” e dell’opposizione. Qui si trova una palazzina moderna e quasi spartana, dalle linee semplici, che non nasconde la volontà di essere il simbolo di una Tunisia laica, forse non progressista come lo intendiamo noi ma votata al progresso contro l’oscurantismo dei movimenti islamisti che insidiano una società. Il cinquantenne leader dell’opposizione studia da capo dello Stato e non ne fa certo mistero. Marzouk ha dalla sua parte un gruppo di imprenditori che rappresentano la parte più danneggiata dalla violenza islamista e dal diffondersi della paura: lavorano nei settori del turismo, dell’agroalimentare, del tessile. Sono gli stessi che stanno tessendo la tela dei rapporti con la Sicilia e tra loro c’è chi ha pianificato investimenti a Palermo: chi per acquistare alberghi, chi invece per acquistare il pastificio Tomasello che si trova a Casteldaccia nel palermitano. L’obiettivo sembra essere quello di accreditare un Tunisia libera, laica e sicura. Operazioni che vanno avanti in parallelo con gli scambi politici e culturali con la Sicilia nell’ambito di quella che appare una strategia più ampia messa a punto in vista delle elezioni politiche tunisine che si terranno tra un paio d’anni: in Sicilia vivono, secondo stime, almeno 40mila tunisini e 18mila hanno diritto al voto. In primo piano restano certamente gli affari : chi lavora nel turismo (settore che dopo gli attentati e le stragi ha subito un tracollo) può avere un interesse fortissimo a diversificare investendo in Sicilia, area che in questo comparto è in crescita; chi si occupa di agroalimentare può invece avere un interesse ad avere in portafoglio una o più aziende italiane il cui brand è notoriamente fortissimo a a livello internazionale.
Per gli italiani, invece, la Tunisia rappresenta ancora un a grande opportunità che però deve fare i conti con un clima incerto e questa lunga fase di transizione del Paese: tra gli aspetti positivi cui le imprese nostrane guardano con interesse il codice di investimento in vigore nello stato nordafricano che ha introdotto nuovi incentivi per gli investitori i quali si aggiungono a misure già esistenti come l’esenzione totale delle tasse che può durare fino a sedici anni. Ad Hammamet domenica pomeriggio per circa tre ore si sono confrontate 40 aziende tunisine e 15 siciliane: settori interessati sono agroalimentare, turistico, immobiliare, arredi alberghieri, abbigliamento, calzaturiero, energia, portuale, terziario. All’incontro ha partecipato il direttore generale ed i manager della zona franca di Zarzis, nel Governatorato di Médenine al Sud-Est della Tunisia. «Non possiamo non guardare con attenzione alla Tunisia - dice Nino Salerno, esponente di Sicindustria che per anni si è occupato di internazionalizzazione e presente nel Paese Nordafricano da anni con una partecipazione in un’azienda locale -. C’è stato persino un momento in cui quel Paese è riuscito a fare meglio di noi. Il tessuto imprenditoriale tunisino è avanzato e moderno. E loro hanno dimostrato di saper, in maniera collaborativa, dare un minimo di stabilità al sistema».
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