Per molti anni il turismo in Italia è stato un settore di domanda: i turisti arrivavano attratti dalle bellezze naturali, dall'arte e dalla cultura. Erano gloriosi gli anni nei quali l'Italia si stagliava sulla vetta delle destinazioni turistiche più gettonate. Era un mondo facile, semplice per le destinazioni e per gli operatori turistici, senza eccessive complessità e complicazioni. Il controllo del cliente e del business era nelle loro mani. Ma oggi, le destinazioni italiane si muovono in un universo altamente concorrenziale, dove il turista-cliente è abbagliato e attratto da una miriade di nuove motivazioni; dove l'innovazione turistica e la tecnologia hanno ottenuto e consolidato una innegabile importanza. Dal glorioso modello di domanda, nel quale ciò che veniva venduto era il luogo, siamo passati a un modello di business turistico di offerta, dove i canali di distribuzione hanno un peso di gran lunga superiore rispetto al passato; dove il cliente non richiede più solo il luogo, ma la motivazione ed i prodotti che la destinazione più offrire. Il nostro è ormai, un mercato volatile, concorrenziale e non controllabile, nel quale è più che mai necessaria l'innovazione e la trasformazione costante per continuare ad essere competitivi.
Siamo davanti al turista 7i: informato, impaziente, infedele, innovatore, illuso, internetizzato e soprattutto intossicato da migliaia di proposte ed offerte. Un turista che nell’85% dei casi cerca su internet le informazioni (visitando almeno 20 siti) e che nel 49% dei casi non decide senza avere guardato i commenti di altri. Il turismo è passato dall’operare nell’economia del prezzo ad essere nell'economia della reputazione e della raccomandazione.
Le sfide, tanto delle destinazioni italiane come del sistema turistico, sono quindi complesse. In primis, destagionalizzare e consolidare la posizione nei mercati tradizionali, come quelli europei. Sono soprattutto le vacanze brevi che aiutano a superare tale sfida e la carta da giocare è quella delle offerte delle compagnie low cost verso l’Italia. Le vacanze brevi, short break, sono le più redditizie e in crescita per i prossimi anni.
Ancora più importanti sono altre due sfide che si profilano. La prima: passare dall’essere concettualmente un “territorio” ad essere una proposta di esperienze turistiche. La seconda: costruire un “prodotto-destinazione”, di modo che il potenziale turista identifichi la destinazione come un luogo che risponda ai suoi bisogni ed alle sue motivazioni. Le destinazioni competono non solo nei mercati geografici, ma anche nei mercati targetizzati per attività o per prodotti turistici. E questa è una sfida che solo si vince collaborando fra pubblico e privato, come hanno fatto i Paesi concorrenti dell’Italia.
Il mercato domanda esperienze turistiche, ma queste non possono essere soltanto un hotel o un B&B nella destinazione. Le esperienze sono il risultato dell’interazione e della collaborazione tra diversi operatori. Serve una rete fra pubblico e privato che permetta di superare il modello attuale di gestione delle destinazioni, ormai obsoleto perché incapace di connettersi in tempo reale alla domanda e di essere flessibile e reattivo. Tale rete renderà possibili nuovi modelli di gestione, fondati sulla corresponsabilità, sul coordinamento e sulla cooperazione fra pubblico e privato. Questa dovrebbe essere la sfida del Governo e delle Regioni: fare pressione perché si lavori tutti in rete. Ma anche fra imprese è necessario instaurare nuovi rapporti, alla luce del concetto di “co-opetion” (competizione ma anche cooperazione). L’ecosistema non può essere competitivo nel mercato turistico attuale se è costituito da soggetti che operano disgregati. Lo dimostra il fatto che l’incoming, la commercializzazione dell’Italia turistica, è quasi totalmente in mani di altri: le compagnie aeree low cost in primis, che dettano il prezzo e impongono le condizioni. E la crisi Alitalia ha indebolito, negli anni, l’incoming verso il Belpaese.
Essere competitivi nel mercato turistico internazionale ed attirare dei flussi non è, quindi, solo una questione di promozione. Non bastano i social media e le campagne: servono nuovi prodotti e destinazioni meno battute, innovazione e visibilità. E bisogna facilitare l’accessibilità al prodotto e alle proposte degli operatori. Il 25% delle pmi del settore turistico non ha nemmeno un sito internet o ne ha uno obsoleto e solo il 18% svolge attività di marketing online. Un gap che fa perdere agli operatori italiani quei potenziali clienti che, infatti, si rivolgono in massa agli aggregatori o comparatori di offerte. La sfida per le destinazioni e per il sistema turistico italiano, quindi, è andare oltre il proprio punto di vista, applicando le tecniche di gestione e del marketing che i concorrenti esteri già applicano. Se a questo si aggiungesse la valorizzazione dei vantaggi differenziali propri dell'offerta italiana, il turismo crescerebbe in maniera più consistente e redditizia.
L’autore, fondatore di FourTourism, è pioniere del destination marketing & management in Europa e autore di libri sul tema
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