Economia

L’opposizione intransigente al gasdotto Tap e i suoi molti motivi

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L'Analisi|analisi

L’opposizione intransigente al gasdotto Tap e i suoi molti motivi

Sei mesi fa l’Acquedotto Pugliese completò un’opera colossale: posò in mezzo all’intero Salento la conduttura del Sinni, la meraviglia di 37,5 chilometri di tubo tra Salice Salentino e Seclì. Il diametro della condotta è 1 metro e 40 centimetri, un adolescente potrebbe camminarci a testa alta. La cerimonia avvenne a Seclì il 7 settembre e impugnando le forbici inaugurali il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, parlò entusiasta della grande tubazione. Per posare sotto il terreno quelle decine di chilometri di condotta, la società guidata da Nicola De Sanctis ha dovuto traslocare 2.500 olivi. In lettere: duemilacinquecento. Furono sradicati, depositati in un vivaio, e poi richiuso lo scavo ripiantati dov’erano.

Ora il presidente della Regione ha sotterrato il nastro inaugurale e la forbice e invece ha dissotterrato l’ascia di guerra. Il tubo questa volta porta non acqua bensì metano dall’Asia all’Europa e Michele Emiliano sostiene i comitati nimby contro il gasdotto Tap.

Secondo Emiliano sarebbe assai meglio se la conduttura che importerà il metano dall’Azerbaigian prendesse terra in Puglia altrove, a Squinzano, devastando in mare una folta prateria di posidonia (una pregiata pianta acquatica) e un’area protetta.

Prima di scegliere il luogo dove far approdare il tubo, è stata esaminata una ventina di diversi punti della costa salentina, da Brindisi a Otranto. La spiaggia in contrada San Basilio — frazione San Foca, comune di Melendugno, provincia di Lecce — pur delicata è la meno vulnerabile fra tutte.

La considerazione di Emiliano è che più a nord approderà la tubazione, meno conduttura bisognerà posare attraverso il Salento per allacciare il Tap alla dorsale nazionale della Snam.

Se il tubo arriverà a Melendugno, come da progetto, bisognerà posare un’altra cinquantina di chilometri di condotta verso nord. Se la tubatura farà più strada in mare e prenderà terra a Squinzano, come propone Emiliano, il metano sarà assai più caro (posare in mare una tubazione costa uno sproposito in più) e saranno devastate le zone più pregiate, ma poi ci sarà meno percorso fra gli olivi.

Con ogni probabilità, il presidente Emiliano ha più obiettivi. Non solamente vuole indurre un ritardo e ridurre il percorso a terra (a scapito dei costi e dei danni ambientali a mare) ma anche fare arrivare il metano alla centrale Enel di Cerano e all’acciaieria Ilva di Taranto, oggi alimentate con il carbone. E infine, il presidente vuole forse solleticare il consenso dei movimenti che temono un modello di sviluppo più sostenibile.

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