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Le sfide del vino italiano: puntare sulla varietà e sui mercati di Usa…

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Le sfide del vino italiano: puntare sulla varietà e sui mercati di Usa e Cina

Creare valore, soprattutto all’estero, per il vino made in Italy. È questo l’obiettivo principale per il settore italiano in base a quanto è emerso a Milano nel corso della tavola rotonda che si è tenuta alla scuola di dirigenti d’azienda dell’Università Bocconi dal titolo “La via italiana per la leadership internazionale, la prospettiva del vino”. Una tavola rotonda nel corso della quale esponenti della filiera vitivinicola hanno discusso i risultati della ricerca effettuata dal Wine Management Lab di Sda Bocconi proprio sulle leve strategiche per lo sviluppo del vino italiano.

Un’indagine svolta con la collaborazione dell’Ice indagando prima il posizionamento del vino italiano su 21 diversi Paesi esteri attraverso l’opinione di 170 operatori dell’import e della distribuzione stranieri. E dall’altro cercando di mettere a fuoco gli orientamenti strategici dei produttori italiani di vino in base a un campione di 500 aziende (340 del vino fermo e 160 degli spumanti).
Per gli stranieri contano varietà, posizionamento “fine” e legame col turismo culturale.
E incrociando i dati delle due survey focalizzate su mercati esteri e sentiment dei produttori nazionali «emergono tre chiare linee d’azione – ha spiegato il docente della Sda Bocconi, Armando Cirrincione – : per il futuro del vino italiano bisogna puntare sulla varietà, intesa come differenziazione d’offerta e non solo come vitigni autoctoni, sul lifestyle italiano indicando il vino sempre meno come una bevanda e sempre più come un’esperienza di consumo “fine” e infine valorizzare sempre più il legame con il cibo alla scoperta del valore dei territori».

Tutti elementi che Cirrincione ha sintetizzato in un esempio: «Occorre guardare alla differenza di valore che si è disposti a riconoscere a un caffè sorseggiato a piazza San Marco a Venezia rispetto a quello consumato in un qualsiasi bar. Far vivere il consumo come un’esperienza unica può diventare un vero moltiplicatore di valore».
Varietà concetto difficile da comunicare
Le indicazioni del Wine Management Lab non hanno convinto tutti gli interlocutori. «La varietà del vino italiano è oggi di certo un valore – ha aggiunto Fabio Del Bravo di Ismea – anche se non va dimenticato che non molti anni fa si era certi che la strada fosse quella di una maggiore omologazione. Tanto che molti produttori hanno puntato sui vitigni internazionali salvo poi scoprire il potenziale di differenziazione legato invece alle produzioni da vitigni autoctoni. La varietà può quindi essere un valore a patto però di riuscire a comunicarla ai consumatori».
Per la promozione all’estero la strada di un’azione di sistema
Più che valutare su cosa puntare per avviare una nuova fase di sviluppo molti si sono concentratati su cosa realizzare. «Innanzitutto le due aree sulle quali scommettere – ha aggiunto il presidente dell’Unione italiana vini, Antonio Rallo – sono gli Usa, che sono il primo mercato al mondo, e la Cina che è l’unico paese a registrare consumi in crescita a doppia cifra. Su quali azioni puntare, vedo bene esperienze come quella della Doc Sicilia, ovvero un “brand vassoio” nel quale coabitano e collaborano marchio territoriale più ampio e sottozone più ristrette, etichetta di origine e brand aziendale. I dati parlano chiaro: in quattro anni la Doc Sicilia è cresciuta del 60%».

Ma non manca chi ha indicato la strada di una strategia differenziata per mercato. «Inutile fornire troppe informazioni sui nostri territori ai cinesi – ha detto il presidente dell’Ice, Michele Scannavini -. Appena il 5% ha un passaporto e a malapena il 2% è stato in Italia. La stragrande maggioranza non sa neanche dove l’Italia sia. Negli Usa invece siamo leader nei volumi ma scontiamo un prezzo ancora ridotto rispetto ai francesi. Occorre quindi una strategia evoluta negli Usa e una invece di base in Cina. Occorre comporre un mix di offerta e comunicarlo al mercato. Mettere insieme identità di marca, valore simbolico dei territori e rapporto qualità prezzo».

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