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Dossier Tecnologia e flessibilità parole chiave del designer

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    Dossier | N. 6 articoliRapporto Design

    Tecnologia e flessibilità parole chiave del designer

    In un settore in rapida evoluzione come quello del design-arredo, a fare la differenza è la professionalità degli addetti ai lavori. Che, mai come oggi, devono essere figure altamente specializzate e, insieme, flessibili, capaci di operare in quelle intersezioni tra ambiti che un tempo erano separati e oggi si stanno invece fondendo.

    Alle scuole di design e agli istituti universitari spetta il compito, non semplice, di sfornare professionisti in grado di rispondere alle sfide del futuro. Molte di queste realtà formative sono italiane, e la maggior parte di esse si trova a Milano, percepita come la capitale del design, anche sul fronte della formazione. Lo sa bene Alberto Bonisoli, chief academic officer di Laureate italian art and design education e head of institute di Naba, la Nuova accademia di belle arti con sede proprio nel capoluogo lombardo. «Stiamo sviluppando programmi di studio per l’applicazione delle nuove tecnologie al design – spiega –. Gli effetti della digitalizzazione oggi si riscontrano nell’interior design, con la domotica, ma anche nei processi produttivi che costituiscono gli ingranaggi dell’Industria 4.0». Tra gli studenti di Naba, accademia che offre percorsi di laurea triennale, biennale, master e corsi brevi, ci sono moltissimi stranieri: «Sono in aumento le presenze dall’Asia – conferma Bonisoli – perché l’industria del design e dell’arredo made in Italy rappresenta un valore aggiunto. Noi, dal canto nostro, dialoghiamo continuamente con le aziende per capire in anticipo quali figure professionali saranno richieste dal mercato».

    A Milano, tra le scuole di design private c’è anche l’Istituto europeo di design, con sede pure a Roma, che punta a formare professionisti che sappiano coordinare una squadra: «Il design è oggi frutto del lavoro di un team composto da figure dal background e dalle competenze diverse - spiega Alessandro Chiarato, direttore della Scuola di design Ied Milano -; il designer ne rappresenta il baricentro». Chiarato sottolinea l’importanza della componente umana nel progettare un prodotto: «Si parla sempre di innovazione, ma il design continua ad essere un modo per semplificare i problemi e la vita degli esseri umani. Va tenuto presente».

    L’Istituto Marangoni tre anni fa ha lanciato il proprio dipartimento design con un’offerta di corsi undergraduate (che da settembre 2017 avranno valore di laurea triennale), master post laurea, corsi intensivi ed executive per i professionisti.

    «Le scuole ci sono in tutto il mondo e continuano a sfornare progettisti e designer – dice Enrico Leonardo Fagone, director of education all’Istituto Marangoni-The schools of design –. Noi stiamo cercando di ricucire la frattura tra formazione e lavoro portando le aziende all’interno dei nostri programmi. Non vogliamo che, finito il percorso di studi, gli studenti debbano fare un salto nel vuoto». Fagone cita la flessibilità tra i pilastri della formazione dei nuovi professionisti del design. «Il designer - dice - deve bilanciare una visione multidisciplinare con un elevato livello di specializzazione e pragmatismo».

    Sottolinea l’importanza del rapporto design-tecnologia Silvia Piardi, professore ordinario in Disegno industriale presso il Politecnico di Milano, dipartimento di Design. «Quest’anno - afferma - abbiamo avviato un curriculum in Interaction design che stringe il focus su una nuova grandissima area di studi: le interazioni tra gli oggetti e le persone».

    Il Politecnico è un istituto universitario statale e al Dipartimento design il 20% degli studenti sono stranieri, concentrati soprattutto nei master post laurea. «Lavoriamo molto sull’internazionalizzazione – chiosa Piardi – e quest’anno abbiamo migliorato di tre posti il ranking internazionale in Arte e design: siamo al settimo posto nel mondo, davanti a Oxford e Yale. Sono molto soddisfatta perché il ranking viene calcolato anche sulla base della reputation dell’istituto e riguarda quindi la capacità del laureato di inserirsi nel mondo del lavoro».

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