LONDRA - Ci vuole poco più o meno un’ora e mezza di auto per arrivare dal centro di Londra a Dunstable, nel Bedfordshire. Nei pressi, a Marston Gate, c’è il primo nato fra i fulfillment centre di Amazon in Uk: risale al 1999, smistava libri e continua a smistare libri. A Dunstable invece, c’è uno dei tre centri logistici Uk di Amazon in cui a svolgere mansioni prima svolte dai magazzinieri sono invece robot. Al momento di questi magazzini Amazon ne ha 5 dei suoi 31 totali in Europa (uno anche in Polonia e uno in Spagna). Dal prossimo autunno a questi si aggiungerà il nuovo centro logistico di Passo Corese, a una trentina di chilometri da Roma, che aprirà con un investimento di 150 milioni.
Quello che si vede all’interno del magazzino di Dunstable lascia in fondo sorpresi. Le corsie del magazzino sono off limits per i magazzinieri, recintate. All’interno di quest’area non ci sono magazzinieri che si muovono andando alla ricerca di scaffali in cui riporre la merce, ma scaffali che si spostano, loro, fino al magazziniere che avrà solo il compito di inserire prodotti o di estrarre prodotti. Eccola la logistica del futuro, made in Amazon, che il colosso di Seattle (136 miliardi di dollari di fatturato nel 2016, compresa l’attività cloud che pesa il 10% sul totale) porterà ora anche nel suo nuovo magazzino a Passo Corese.
«C’è un evidente efficientamento. Stimiamo fino al 15% di volumi in più trattati, a parità di superficie», spiega Stefano Perego, direttore operation in Uk dove gestisce l’attività di tutti i 12 (che diventeranno 15 entro l’anno), magazzini presenti in quello che è il primo mercato di riferimento per il colosso di Seattle, dopo gli Usa. In sostanza qualcosa di molto simile agli aspirapolveri che ruotando si infilano sotto tavoli e divani trasportano, all’interno di un’area completamente recintata, scaffali da riempire e riempiti con la merce che si spostano autonomamente. Niente prodotti ingombranti e niente abbigliamento. Ma ci sono un 30-40% di oggetti ora trattati da Amazon che possono passare attraverso questi fulfillment centre “robottizzati” grazie a dispositivi che si muovono sfruttando sistemi proprietari implementati dopo l’acquisizione di un’azienda, la Kiva, nel 2012.
In caso di guasto? Ora bisogna fermare tutto. In un futuro, neanche troppo lontano, sono in arrivo dei giubottini, “Cerberus Vests”, che indossati da tecnici della manutenzione faranno fermare automaticamente solo i robot magazzinieri vicino al punto critico dovre andrà a operare il tecnico e non tutti. Oggi comunque questi “robot magazzinieri” si muovono avanti e indietro per il magazzino all’interno di una giornata lavorativa di 20 ore, con 4 ore di stop per cambi turno e piccole manutenzioni.
Ma si lavora meglio? Gintare, ragazza di origini lituane ci risponde che «è molto meno stancante» e che in generale «Amazon è un posto dove se ti impegni puoi avere soddisfazioni, garantito al 100%». Ne prendiamo atto, pur consapevoli che è difficile pensare di trovare eventuali dissensi così, allo scoperto. A ogni modo, a Passo Corese come a Londra sarà la logistica automatica il fulcro di tutto, con un migliaio di questi robot per la gestione degli scaffali. Il tutto all’interno di un magazzino in cui lavoreranno, entro tre anni, 1.200 dipendenti. Castel San Giovanni (Pc) – il centro logistico si Amazon, cui si aggiungeranno entro fine anno Passo Corese e Vercelli (65 milioni di euro di investimento e 600 posti programmati) – ha 1.500 dipendenti.
In questo quinto di gap negli addetti si può forse stimare l’impatto “occupazionale” della logistica automatica. «Questo però non vuol dire che saranno persi posti di lavoro», un po’ perché si parla di magazzini che nascono automatizzati, non da riconvertire, ma anche perché «aumenterà la produttività con tutto ciò che consegue», precisa Perego. La fase automatizzata, fanno notare da Amazon, riguarda del resto solo quel passaggio che, all’interno del processo tradizionale, vedeva i magazzinieri spostarsi alla ricerca degli scaffali.
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