Economia

Vigneti, torna l’ipotesi deregulation di fronte al boom di domanda

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RIFORMA OCM

Vigneti, torna l’ipotesi deregulation di fronte al boom di domanda

Vigneti San Patrignano (Marka)
Vigneti San Patrignano (Marka)

Quando nel negoziato sull’ultima riforma Ocm fu proposta da Bruxelles una totale deregulation sull’impianto di vigneti i paesi Ue produttori di vino, capeggiati da Italia e Francia, alzarono le barricate e solo al termine di un lungo confronto con l’Ue arrivarono a ottenere il mantenimento di un sistema di gestione del potenziale vitivinicolo. Per piantare un vigneto continua a essere necessario, oltre alla proprietà dei terreni, detenere una licenza a produrre vino. L’unica novità dell’ultima riforma è stata che il regime delle autorizzazioni all’impianto ha sostituito quello dei diritti all’impianto. Arrivati ora al secondo anno di applicazione del nuovo meccanismo, qualcosa nel muro di certezze degli oppositori della deregulation comincia a scricchiolare.

L’exploit di richieste di nuovi vigneti

Nel primo anno di applicazione del nuovo sistema, infatti, a fronte di una disponibilità annua di 6.458 ettari furono presentate domande per 63mila ettari. Nel secondo, a fronte di un identico budget, le richieste hanno superato la soglia dei 164mila ettari: insomma la domanda è stata pari a 25 volte le disponibilità. È evidente che il sistema va ripensato e che di fronte a una così forte domanda di nuovi vigneti forse anche l’idea di una deregulation, come quella proposta anni fa da Bruxelles, non era così peregrina. È quanto è emerso ieri a Montepulciano (Siena) nel corso del Forum vitivinicolo della Cia-Agricoltori italiani. In particolare, l’esigenza di rivedere in profondità il sistema delle autorizzazioni è stata sottolineato in apertura dei lavori da Daniele Piccinin del Gie vitivinicolo Cia e dal presidente della Cia Toscana, Luca Brunelli.

Si riapre il confronto sull’ipotesi deregulation
«La nostra idea è netta - spiega la responsabile del settore vitivinicolo dell’Alleanza delle cooperative, Ruenza Santandrea -. Vedendo questa esplosione di richieste di nuovi vigneti pensiamo: meno male che è rimasto un sistema di gestione dell’offerta, altrimenti la produzione sarebbe diventata fuori controllo e i prezzi dei vini sarebbero crollati. Per questo noi restiamo convinti che questo assetto non vada cambiato».

Più possibilista è invece il presidente del Consorzio del Prosecco Doc, Stefano Zanette: «La nostra esperienza - racconta - è quella di una denominazione che, dalla sua riorganizzazione nel 2009 a oggi, è decuplicata sia in termini di ettari piantati che di bottiglie prodotte. E anche il sistema delle autorizzazioni ci vede tra le aree col maggior numero di richieste». Il consorzio di tutela con gli strumenti a disposizione (blocco dei nuovi impianti e gestione dei quantitativi di vino immessi sul mercato) è riuscito a gestire in maniera equilibrata questa crescita accompagnando in maniera graduale l’incremento degli impianti ed evitando contraccolpi sui prezzi. «Al limite - conclude Zanette - pensiamo che nelle proposte di revisione delle norme sul funzionamento dei consorzi sia necessario rafforzare questi poteri assimilando sempre più gli organismi di tutela alle organizzazioni interprofessionali con reali poteri di gestione della denominazione».

Il vino, ultimo settore agricolo Ue con gestione dell’offerta

Il dibattito sull’ipotesi di mantenere un sistema di gestione degli impianti oppure passare davvero a una liberalizzazione dei vigneti è stato seguito con attenzione da Linda Mauperan, coordinatrice dell’unità Politiche vitivinicole della Dg Agri alla Commissione europea. «Bruxelles aveva proposto anni fa di passare alla libertà di impianto – ha detto la Mauperan – ma dopo una levata di scudi dei paesi produttori l’ipotesi è rientrata. E così, dopo la fine delle quote latte, il vino europeo è rimasto l’unico settore agricolo con un sistema di gestione dell’offerta. Se ne può riparlare, come credo sia necessario avviare la discussione anche sulla messa a punto di un nuova nuova disciplina di etichettatura nutrizionale per il settore del vino Ue».

Ripartire da zero sulla deregulation
Chi è convinto che l’intero dossier sulla liberalizzazione vada riesaminato senza pregiudizi è il presidente della Cia-Agricoltori italiani, Dino Scanavino. «È evidente – afferma – che in Italia c’è bisogno di più vigneti. Al tempo stesso va ricordato che nel vino italiano non abbiamo giacenze, stock di prodotto invenduto. Forse una deregulation ci avrebbe portato a una situazione peggiore dell’attuale. O forse no. Io credo che la conservazione dello status quo non sia un concetto che ci appartiene. E che, soprattutto, se si rafforzano i poteri dei consorzi di tutela di gestire la propria denominazione l’ipotesi di una liberalizzazione dei vigneti in Europa non sia da considerare il “male assoluto”».

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