La buona notizia è che la produzione di imballaggi industriali in legno e pallet è ripartito. Buona notizia non solo perché si tratta di un settore che in Italia vale 1,7 miliardi di euro e occupa 11mila addetti in 2.200 aziende, ma anche perché è da sempre cartina di tornasole dello stato di salute della manifattura italiana in generale, dato che i suoi prodotti sono destinati alla Gdo o alle aziende per il trasporto delle merci sul mercato interno e nel mondo.
Dunque in questo senso non può che far piacere leggere, ad esempio, che la produzione di imballaggi a marchio Fitok (il trattamento sanitario riservato ai prodotti utilizzati per le merci destinate ai Paesi extra-europei) secondo i dati diffusi dal Consorzio Conlegno è aumentata nel primo trimestre del 2017 dell’11% rispetto allo stesso periodo del 2016, mentre quella dei prodotti a marchio Epal (il trattamento “standard” per gli imballaggi utilizzati invece sul mercato interno o europeo) è cresciuta del 5,1%, con un incremento addirittura del 28% per quanto riguarda i pezzi riparati.
C’è però un rovescio della medaglia che mette in allarme i produttori, come spiega Ezio Daniele, presidente di Assoimballaggi: «Da qualche mese stiamo vivendo una situazione difficile, perché il lavoro è aumentato dopo anni di calo e questo è certamente un fatto positivo, ma sta creando un problema di reperimento della materia prima, con conseguente rialzo dei prezzi». Le segherie europee da cui tradizionalmente si riforniscono le aziende italiane del settore, in particolare quelle austriache e tedesche, non hanno infatti ancora ripreso i volumi di produzione pre-crisi e non sono dunque in grado di far fronte alla ripresa della domanda. Non solo: come spiega Andrea Silvestri, consigliere incaricato di Assoimballaggi per il gruppo produttori di pallet, in questi anni di crisi i principali fornitori dell’Italia hanno cercato clienti altrove (soprattutto Asia e America) per compensare il calo della domanda dal nostro Paese, che oggi non è più il mercato di riferimento per loro.
Sull’aumento dei prezzi dei segati incide anche la crescita dell’edilizia in legno nel nostro Paese, che richiede legname per la produzione dei pannelli in X-lam (prodotti ad alta prestazione che hanno dato una forte accelerata al mercato): anche qui, fa notare Ezio Daniele, un elemento sicuramente positivo, che incide però sui costi delle aziende che producono imballaggi e pallet.
Se a questo si aggiungono alcuni eventi “catastrofici” (incendi o malattie degli alberi) che lo scorso anno hanno ridotto in modo consistente la raccolta di legname in alcuni Paesi, come la Slovenia, è facile capire perché il prezzo della materia prima sia lievitato di circa il 10-15% negli ultimi due-tre mesi.
«E non è finita qui – prevede Daniele –. Potremmo arrivare a rincari fino a 20-25 euro al metro cubo e per il momento c’è poco da fare: non possiamo che far ricadere questi aumenti sui nostri clienti». Sul breve termine la soluzione non può che essere questa, dato che anche cercare nuovi Paesi fornitori non sarebbe conveniente (visti i costi logistici e di trasporto). Sul lungo termine, aggiunge tuttavia Daniele, vanno messe invece in campo politiche di gestione del patrimonio boschivo italiano che, come da anni denuncia FederlegnoArredo, è sottoutilizzato. «L’Italia è molto indietro sotto questo aspetto, rispetto ad altri Paesi europei – spiega Daniele –. Gestire i boschi non significa sfruttarli, ma anzi coltivarli in modo da valorizzarli, creando anche posti di lavoro che si sono persi negli ultimi anni».
L’Italia ha infatti una filiera molto importante legata alla risorsa legno (il comparto del legno-arredo nel suo complesso vale circa 41 miliardi di euro e occupa più di 320mila lavoratori) e la mancanza di materia prima (oltre che paradossale, per un Paese coperto al 30% da superficie boschiva) rischia di creare una polveriera destinata a esplodere. «Noi come associazione stiamo lavorando per questo da anni, insieme con FederlegnoArredo – spiega Daniele – ma anche se cominciassimo ora ad aumentare la quota di boschi destinati a rifornire la filiera, ci vorranno anni per avere i volumi di cui abbiamo bisogno. Dobbiamo rassegnarci oggi ad aumentare i prezzi, avviando nel contempo iniziative per la valorizzazione e la gestione delle nostre foreste».
© Riproduzione riservata