DAL NOSTRO INVIATO
SAINT-MARTIN-LA-PORTE - È curioso sentire dai cugini transalpini che intendono prendersi una “pausa” sulla Tav Torino-Lione. Già di primo mattino decine di persone si muovono senza sosta: sembrano avere l’argento vivo addosso. «Bonjour, monsieur», esordisce Xavier Darmendrail, direttore Procedure, accordi e concertazioni con la Francia di Telt (Tunnel Euroalpin Lyon Turin). Non c’è filo spinato. Non ci sono autoblindo e gendarmi in assetto di guerra e tenuta anti-sommossa come sul versante italiano. Non si vedono qua e là scritte no-Tav e non c’è un Erri De Luca paracadutato dalla capitale che invita democraticamente al sabotaggio.
Benvenuti a Saint-Martin-La-Porte, principale cantiere della nuova linea ferroviaria ad alta capacità sul versante francese. Valle della Maurienne, dipartimento della Savoia, regione del Rhône-Alpes: ecco il punto di partenza della galleria geognostica di nove chilometri scavata «nell’asse e nel diametro » – come dicono i tecnici – del futuro tunnel di base del Moncenisio. Alla fine sarà il traforo più lungo del mondo: 57,5 chilometri. Ma non bisogna perdere tempo. Un caffè (oddio, un caffè è una parola grossa nell’Esagono...) e via. Darmandrail m’indica stivali e giubbotto rifrangente. Un camioncino speciale ci porta giù dalla discenderia, quasi due chilometri e mezzo nel cuore della montagna. Come in un formicaio vanno e vengono omini con il caschetto giallo. Lavorano 364 giorni all’anno, 24 oresu 24, divisi in tre turni. Si fermano soltanto il 4 dicembre, festa di Santa Barbara, martire del fuoco e patrona degli artificieri. Ecco perché la dichiarazione del ministro dei Trasporti Elisabeth Borne circa la “pausa” da prendere sulla Tav suona curiosa. Certo è che non riguarda la tratta internazionale.
Entriamo in un piccolo bunker: è una cabine survie, una delle tante celle di sicurezza che permette di resistere per qualche giorno in attesa dei soccorsi con ossigeno, riserve di acqua e viveri in caso d’incendio. Nel ventre della roccia c’è Federica. È una TBM, cioè una tunnel boring machine, una fresa su misura costruita in Borgogna: 135 metri di lunghezza, 2.400 tonnellate di peso, una potenza di 5 megaWatt. «L’equivalente di otto motori di Formula 1», commenta Xavier con una erre grattata alla Jean Alesi. Racconta che per trasportarla fino a Saint-Martin-La-Porte, la scorsa estate, sono stati necessari 34 convogli eccezionali per un viaggio di 418 chilometri. C’è rumore, fa caldo: ci infiliamo fin verso la testa del gigantesco marchingegno su per scalette e lungo strette passerelle. «Vede? – indica Darmendrail – Federica scava ruotando, grazie ai cutter che frantumano la roccia. Il materiale di scavo viene posato direttamente sul nastro trasportatore. Avanzando, la macchina costruisce il rivestimento del tunnel che si lascia alle spalle posizionando i “conci” – le arcate della galleria in cemento – fabbricati a poca distanza dal cantiere in uno stabilimento dismesso e riportato in vita da noi della Torino-Lione».
Siamo a 500 metri di altitudine (il tunnel storico corre invece a quota 1.300). Il cantiere SMP4 è gestito da un raggruppamento di imprese (tre francesi e tre italiane): Spie batignolles TPCI (capofila), Eiffage Génie Civil, Ghella Spa, Cmc di Ravenna, Cogeis Spa e Sotrabas. Complessivamente il sito dà lavoro a 400 persone, considerando anche interinali , subappalti, fornitori e prestatori di servizi. Un indotto che raggiungerà le duemila persone al picco della manodopera, con il 64% di provenienza locale e regionale. Servono 37 diverse figure professionali, ma – tra queste – vi sono alcuni profili carenti: ingegneri dell’automazione, minatori, conducenti di macchinari. «Per ovviare – incalza Xavier – come Telt abbiamo avviato la promozione di percorsi formativi nei confronti di studenti, apprendisti e operatori dell’orientamento».
Merito della procedura «Démarche Grand Chantier», che ha già fatto stanziare quasi 41 milioni di euro in favore del territorio. Ne sa qualcosa Marc Tournabien, dal 1995 sindaco di Saint-Julien-Montdenis e vicepresidente della Communauté de Communes de Maurienne Arvan. «È almeno dal 1990 che lavoriamo sul progetto della Torino-Lione – spiega il primo cittadino – e le nostre comunità, progressivamente, lo hanno fatto proprio. Siamo convinti che servirà a togliere il traffico pesante dalle strade. Abbiamo ottenuto una “fiscalità di ritorno” e benefici indotti. Nel mio Comune, per esempio, con le tonnellate del materiale estratto per creare le gallerie abbiamo ricostruito una collina ora trasformata in parco naturale». Arriva Florent Martin, direttore del cantiere SMP4. Rassicura: «Nel 2021 sarà tutto concluso». Dalle discenderie partiranno nove frese in direzione Italia o Francia in contemporanea. I cantieri tradizionali, in cui si lavorerà con gli esplosivi, saranno al massimo sette.
A Saint-Martin-La-Porte, negli uffici poco prima dell’ingresso della galleria c’è sempre un addetto pronto a rispondere alle domande dei cittadini. È una delle opzioni volute fortemente da Telt, che è il “promotore pubblico” responsabile della realizzazione e della gestione della sezione transfrontaliera della futura linea ferroviaria merci e passeggeri. Tra discenderie e parti del tunnel di base sono già stati scavati 20 chilometri. All’ingresso della sede di Torino, giusto per iniettare adrenalina, hanno messo un count-down di quanti mesi e minuti ci separano dal 2029, anno in cui la Tav entrerà in funzione. La prossima tappa strategica, comunque, sarà a Lione il 27 settembre con il primo bilaterale Francia-Italia dell’era Macron. Si trasformerà in una pausa proficua?
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