La Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile comincia a vedere il traguardo dell’approvazione. Il documento coordinato dal ministero dell’Ambiente, discusso dai principali stakeholder italiani a marzo (oltre 200 Ong, università e agenzie di ricerca) e presentato alle Nazioni Unite in luglio, potrebbe essere portato al prossimo Consiglio dei ministri per l’approvazione. La buona notizia è che aggiorna la Strategia per lo sviluppo sostenibile prevista dalla legge 221/2015 utilizzando l’Agenda 2030 e gli SDGs (i 17 Strategic development goals) delle Nazioni Unite come quadro di riferimento, andando ben oltre le dimensioni puramente ambientali come inizialmente immaginato. Quindi, è un documento che vola alto.
«L’Agenda 2030 e i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite - commenta il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti - sono il quadro di riferimento di una Strategia che affronta come mai si è fatto prima la profonda interrelazione tra le dinamiche ambientali e la crescita economico-sociale. Abbiamo avviato un processo complesso, non solo per le molte istituzioni a lavoro sulla Strategia, dai diversi ministeri e ai vari livelli di governo (Regioni e Comuni), ma anche perché l’ottica della Strategia è necessariamente pluriennale e deve contemperarsi con i vincoli di finanza pubblica ben noti».
Ma c’è un “ma”. «La cattiva notizia è che, rispetto al documento visto a marzo, nel testo non ci sono più riferimenti a target quantitativi nell’ambito degli obiettivi da raggiungere (in termini di contenimento delle emissioni, mobilità sostenibile, equità sociale, riduzione della disoccupazione giovanile e del gender gap, ad esempio) e agli strumenti per conseguire gli obiettivi: questi aspetti dovrebbero essere definiti entro fine anno in un secondo documento, che orienterà le politiche pubbliche degli anni a venire», spiega Enrico Giovannini, ex ministro ora portavoce dell’ASviS, la piu grande rete di organizzazioni che si occupano di sostenibilità in Italia (con 175 associazioni, università, fondazioni e altri soggetti associati). Un’assenza, quella dei target numerici (che avrebbero dato concretezza a un documento di spessore), che però è stata ben ponderata. «Gli obiettivi sono elevati, ma ciò non vuol dire che stiamo ragionando sui massimi sistemi - spiega il ministro Galletti -. È emersa la necessità di coordinare meglio programmi e target con quelli derivanti da altri impegni assunti dal nostro Paese a livello internazionale, soprattutto a livello di Unione europea, nonché di valutare con maggiore dettaglio, ministero per ministero, le risorse da associare alle azioni inserite nella Strategia, per renderle coerenti con l’azione del Governo e le disponibilità economiche. Questa Strategia va vista come imprescindibile per comporre un piano industriale Paese ed è dunque nello stesso tempo un programma di governo».
La palla passa ora ai “domini” della grande partita della sostenibilità economica, sociale e ambientale italiana: il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il ministro delle finanze Pier Carlo Padoan. Il primo, nel corso del Festival dello sviluppo sostenibile organizzato dall’ASviS a giugno, ha promesso che avrebbe portato la cabina di regia della Strategia a Palazzo Chigi, per vegliare sulla sua attuazione concreta (facendo riemergere la passione ambientalista coltivata anche in politica per anni). «Inoltre, il premier si è impegnato a emanare una direttiva ai ministeri affinché incorporino gli obiettivi dell’Agenda 2030 nei propri piani per il triennio 2018-2020: una direttiva che sarebbe preziosa e urgente, sulla quale contiamo», aggiunge Giovannini.
L’altro dominus di questa partita, perché tiene saldamente in mano i “cordoni della borsa” pubblica, è il ministro dell’Economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, non a caso invitato domani alla presentazione del Rapporto ASviS 2017 sul tema «L’Italia e gli obiettivi di sviluppo sostenibile». «Gli presenteremo i nostri modelli econometrici, analoghi a quelli usati dal suo ministero, con differenti scenari sull’evoluzione del nostro Paese al 2030 in base alle diverse politiche adottate e dimostreremo che il costo sociale e di mancato sviluppo derivante dall’inazione è troppo alto da affrontare», spiega Giovannini, che di modelli statistici se ne intende (in quanto docente di statistica economica all’Università di Roma Tor Vergata, ex chief statistician dell’Ocse ed ex presidente dell’Istat).
Al di là dei target numerici mancanti, la Strategia appare ben impostata, attorno a cinque aree tematiche derivanti dal suggestivo modello delle 5 “P” (persone, pianeta, prosperità, pace, partnership), già usato con successo a livello internazionale. Gli obiettivi sono talmente “alti” che possono apparire velleitari: «promuovere un modello di sviluppo equo e sostenibile che richiede uno sforzo collettivo volto a ridurre diseguaglianze, povertà, disoccupazione e a proteggere ambiente, natura e clima», si legge nel documento. Ma a che punto si trova oggi l’Italia nel suo cammino verso il raggiungimento dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile sanciti dall’Agenda 2030 dell’Onu sottoscritta due anni fa? Come può il nostro Paese superare i ritardi esistenti e centrare i target previsti al 2020 e al 2030, diventando sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale? Il Governo sta adottando misure adeguate per rispondere a queste sfide? A queste domande provano a rispondere il Rapporto ASviS presentato domani a Roma, a Montecitorio, da Giovannini e dal presidente dell’ASviS Pierluigi Stefanini, e il Rapporto Sviluppo sostenibile di oggi del Sole 24 Ore.
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