Quando la magistratura di Lecce il 29 settembre aveva ordinato il sequestro della centrale elettrica a carbone dell’Enel a Brindisi Cerano, qualcuno avrebbe subito approfittato manovrando con le sue centrali elettriche su un mercato derivato, quello dei servizi di dispacciamento e bilanciamentogestito da Terna. Prezzi quadruplicati, quotazioni monstre e guadagni kolossal. Non a caso venerdì scorso l’Autorità dell’energia ha aperto un’indagine per scoprire il meccanismo perverso che gonfia le bollette dei consumatori e trasferisce i soldi nelle tasche di un’azienda elettrica.
I fatti, raccontati nel tempo del presente storico.
Nella primavera 2016 accadono scostamenti strani sul Mercato del dispacciamento e bilanciamento, gestito da Terna. È un borsino nel quale si quotano gli aggiustamenti tra la domanda elettrica espressa da noi consumatori e l’offerta di chilowattora delle centrali. Nel Mezzogiorno, area Brindisi, alcune aziende elettriche a volte fanno marciare al minimo le centrali in modo che al sistema elettrico manchi corrente e il mercato debba offrire cifre spropositate a chi fornisca i chilowattora mancanti. Intervengono l’Autority dell’energia e l’Antitrust, che mettono nel mirino le società coinvolte.
Un anno e mezzo dopo, lo scorso 29 settembre la finanza si presenta a Brindisi negli uffici della centrale dell’Enel - tra le più grandi d’Europa - e sequestra l’impianto. Il riutilizzo delle ceneri di carbone come inerte nella cementeria Cementir di Taranto potrebbe configurarsi, sospetta la procura, come smaltimento illecito di rifiuti. Il sequestro della centrale è però con facoltà d’uso, senza spegnerla, perché l’impianto è essenziale e vitale per il sistema elettrico italiano. Ma se non si spegne, l’acceleratore della centrale dell’Enel può essere premuto con estrema attenzione.
Dal giorno dopo, il 30 settembre, fino alla settimana scorsa comincia a mancare energia elettrica nell’area Sud. Esattamente com’era avvenuto un anno e mezzo prima: un’azienda elettrica concorrente dell’Enel dapprima tiene al minimo le sue centrali e fa salire il prezzo del dispacciamento, approfittando del fatto che l’Enel deve trattenere le briglie al colosso a carbone di Brindisi. E poi, quando il prezzo è diventato orgoglioso, questa società mette il turbo e produce chilowattora valutati benissimo. I consumatori pagano.
Qui finisce la descrizione dei fatti e cominciano le analisi. La prima delle quali parte da una domanda: quale società elettrica si è comportata così? Nella delibera 674 il presidente dell’Autorità dell’energia, Guido Bortoni, non lo scrive. Si tratta di un «operatore, come indicato nell’Allegato A al presente provvedimento», allegato tenuto rigorosamente segreto. Inoltre non è detto che si tratti di speculazione. Può anche darsi che le centrali di questa società elettrica abbiano il carburatore ingolfato e non riescano a tenere il passo della domanda, facendo involontariamente salire il listino.
Il mercato derivato dei servizi elettrici mostra da tempo inadeguatezze, e per ridurne l’emotività potrebbe essere aperto alla domanda e alle produzioni rinnovabili.
Alcune aziende di settore osservano inoltre che la condotta speculativa può essere più che legittima in un mercato libero che deve consentire agli operatori di sfruttare le opportunità. In alternativa si può pensare a nuovi vincoli antimercato che limitino la marginalità, ma limitazioni ce ne sono già fin troppe, soprattutto per i segmenti della domanda. «Siamo favorevoli al fatto che i prezzi esprimano segnali di scarsità delle risorse — conferma Massimo Bello, presidente dell’Aiget, l’associazione dei grossisti elettrici e dei trader di energia — ma non condividiamo i due pesi e le due misure».
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