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Prato cerca l’antidoto alla tempesta «Vicenza»

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credito e imprese

Prato cerca l’antidoto alla tempesta «Vicenza»

Foto: Antonio Tomasi (www.comune.prato.it)
Foto: Antonio Tomasi (www.comune.prato.it)

È piovuto sul bagnato, negli ultimi anni, nel glorioso distretto industriale di Prato investito dalla crisi del tessile, dal dilagare dell’illegalità produttiva (nell’abbigliamento) dei cinesi, dalle difficoltà di diversificazione economica e, ciliegina sulla torta, rimasto anche a corto di credito. La crisi e il crack della Popolare di Vicenza – la banca che aveva inglobato la Cassa di risparmio di Prato “mamma” dell’intero distretto e per 180 anni istituto di riferimento come in poche altre realtà d’Italia – è arrivata come un tornado, spazzando via i risparmi di molte famiglie e di molti imprenditori-azionisti che si sono visti azzerare il valore dei titoli e, con i soldi, hanno perso inevitabilmente anche la fiducia e l’attaccamento verso la banca.

Gli azionisti pratesi della “Vicenza” erano più di 5.300 e detenevano circa due milioni di azioni che, calcolando un valore medio di 60 euro ciascuna prima dell’avvio delle inchieste sulla gestione-Zonin, significava un capitale di 121 milioni di euro. Chi ha aderito all’offerta transattiva (9 euro ad azione) avanzata dalla banca in primavera, quando ancora sperava di a salvarsi fondendosi con Veneto Banca, ha perso circa l’85% dell’investimento; chi non ha aderito sta faticando per insinuarsi nella procedura di liquidazione coatta amministrativa. La dichiarazione di dissesto decretata dalla Bce a giugno ha messo la parola fine alle speranze di salvataggio.

Il segno lasciato sul mercato del credito pratese è forte. Dall’estate 2016, come si vede chiaramente nel grafico fornito da Bankitalia, i prestiti bancari erogati alle imprese nella provincia di Prato sono sprofondati al di sotto della media toscana. Una stretta creditizia che certo risente anche della “grande crisi” 2008-2015 del distretto tessile, non del tutto superata, che ha lasciato strascichi pesanti. Basti pensare che Prato è la provincia italiana che ha visto calare di più il reddito negli ultimi anni (20.188 euro dichiarati in media nel 2016, -6,2% rispetto al 2008).

Per gli imprenditori la stagione della Popolare Vicenza, dunque, è da dimenticare in fretta. «Se finora erano le banche a chiedere i bilanci alle aziende, adesso siamo noi a dover chiedere i bilanci alle banche», ironizza amaro Riccardo Marini, imprenditore tessile ex presidente degli industriali pratesi e ultimo rappresentante locale nel cda di CariPrato prima della fusione (nel dicembre 2010) dentro Popolare Vicenza, che si è accompagnata alla cancellazione del marchio. «Il rapporto del distretto con la Popolare di Vicenza si è andato via via deteriorando – aggiunge Marini – anche per il comportamento assunto dai vertici della banca vicentina che, in molti casi, hanno legato la concessione del credito all’acquisto di azioni dell’istituto». Le ipotesi di distorsioni nei rapporti tra banca e clientela sono al centro di inchieste vicentine e pratesi.

A soffrire più di tutti sono state le aziende piccole e meno strutturate. «L’incertezza sollevata nel mondo artigiano è stata grande – spiega Luca Giusti, presidente di Confartigianato Prato e della Camera di commercio – in fondo la Popolare di Vicenza non ha mai avuto il ruolo di “banca del distretto” attenta alle esigenze del territorio e, anzi, si è posta fin da subito come un conquistatore che vedeva Prato più come un bacino di raccolta che di impieghi».

Senza contare, segnala Giusti, gli effetti sulla Fondazione CariPrato, titolare di 350mila azioni svalutate per oltre 21 milioni. Nel marzo scorso la Fondazione ha deciso di aderire all’offerta transattiva della Popolare Vicenza «per tutelare al meglio – ha spiegato – sia il patrimonio che gli interessi della collettività pratese», incassando 3,2 milioni. Ora, sprovvista pure del presidente per la battaglia interna tra soci che ne impedisce l’elezione, la Fondazione boccheggia e fa i conti con le minori risorse da distribuire al territorio: appena 1,5 milioni erogati nel 2016.

A intaccare il rapporto tra la città e la Popolare Vicenza ha contribuito anche la vicenda delle opere d’arte dell’ex-Cassa di Prato, spostate a Palazzo Thiene a Vicenza dall’ex presidente Gianni Zonin: dipinti del Quattrocento e Cinquecento, sculture neoclassiche e capolavori tra cui la Coronazione di spine del Caravaggio, una Crocifissione del Bellini e una Madonna col bambino di Filippo Lippi.

Ora però Prato guarda avanti: all’orizzonte c’è il gruppo Intesa, che ha rilevato le banche venete, e c’è il rilancio del distretto tessile-moda.

«Gli anni più difficili sono alle spalle – spiegano il presidente di Confindustria Toscana Nord (Prato, Pistoia e Lucca), Giulio Grossi, e quello della sezione Moda dell’associazione, Andrea Cavicchi – e il distretto è in fase di consolidamento e ha riacquistato le capacità per tornare a assumere». Anche perchè resta il motore dell’economia locale: con 2.800 aziende tessili, più di 18mila addetti, 2,75 miliardi di fatturato 2016 per il 59% all’export (1.619 milioni), il tessile di Prato è ancora leader in Europa. Mettendo insieme anche l’abbigliamento (storicamente poco sviluppato a Prato, e da 25 anni dominato dal fast fashion cinese), si arriva a un polo industriale da 4,75 miliardi di fatturato, di cui 2,5 miliardi all’export, con più di 33mila addetti e 6.500 imprese.

Il gruppo Intesa Sanpaolo si troverà davanti questo quadro. L’arrivo “ufficiale” della banca è fissato l’11 dicembre, con il cambio dei sistemi informatici e i clienti ex-Popolare Vicenza avranno nuovi Iban, password e carte di credito. A Prato si spera di avere anche un nuovo trattamento, da parte del gruppo che ora detiene «una fetta del mercato del credito molto rilevante, superiore a un terzo del totale», sottolinea Andrea Tempestini, vicepresidente di Confindustria Toscana Nord.

Una presenza così forte semina qualche perplessità tra le imprese: cosa accadrà – si chiedono in molti – a chi aveva affidamenti da Popolare Vicenza e da banche del gruppo Intesa (solo Cr Firenze ha 16 filiali nella provincia di Prato)? «Sarebbe importante – sottolinea Tempestini – che nella fase di transizione i fidi si sommassero gli uni agli altri, e non si sovrapponessero, per evitare la riduzione di fatto della disponibilità di credito. Occorre poi vigilare – continua - sugli affidamenti già in essere, perché situazioni magari difficili ma non irrecuperabili finiscano nella bad bank: in ballo ci sono cifre molto consistenti, in grado di incidere sugli equilibri complessivi dell’economia locale».

A preoccupare è anche l’applicazione “rigida” dei parametri di Basilea: «Come sistema delle imprese – dice Luca Giusti – abbiamo già chiesto al gruppo Intesa di aiutare le piccole aziende, che altrimenti rischiano di essere tagliate fuori dal credito, a fare un percorso di crescita. La valutazione asettica dei bilanci rischia di provocare una ulteriore selezione delle imprese, che però per il futuro potrebbe anche essere positiva».

Da Luca Severini, a capo della direzione regionale Toscana e Umbria di Intesa Sanpaolo, cui faranno capo le 25 filiali pratesi ex Popolare Vicenza (quattro delle quali saranno accorpate in questi giorni ad altri sportelli del gruppo), arrivano assicurazioni: «Prato ha un’imprenditoria capace, votata all’innovazione e all’export. Noi continueremo a erogare credito come abbiamo sempre fatto, anche se proseguiremo nella nostra politica di grande attenzione alla qualità del credito, pur guardando con occhio attento le aziende in difficoltà che presentano prospettive di crescita e chiare strategie manageriali». Gli industriali sperano: «Veniamo da una situazione fortemente critica per approdare a un’altra che sarà, ne siamo certi, più solida e lineare», conclude Tempestini.

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